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Osterie d'Italia 2007

Pubblicato Giovedì, 25 Gennaio 2007 19:18
Torniamo dopo un "anno sabbatico" a recensire uno degli immarcescibili pilastri delle guide gastronomiche, ma non si equivochi: anche nei dodici mesi di assenza dalle pagine del nostro sito la Bibbia della Slow Food ha continuato a ispirare le nostre escursioni. Le critiche che man mano vanno emergendo, nel coro degli elogi alla più attesa e venduta opera dell'associazione piemontese, non fanno che confermare una verità indiscutibile: Osterie d'Italia è ormai un classico, amato oppure odiato, ma comunque letto da tutti quanti si occupano di ristorazione in Italia, compresi coloro che non rientrano nella tipologia di locale recensita dalla guida.
Notiamo subito due novità rispetto all'ultima edizione da noi trattata (Osterie d'Italia 2005), una positiva e una negativa. La buona notizia è che l'aumento del numero di pagine (sono 910, grazie anche alla presenza del Dizionario della Cucina regionale) non corrisponde a un mutamento del prezzo, da anni ormai fissato a 20,14 €. La notizia meno buona è la scomparsa dei parametri - soprattutto il prezzo - adottati per la scelta dei locali da inserire: almeno a prima vista, infatti, non è indicato nessun limite massimo per quanto riguarda i costi per il cliente, e in generale non sono (più) specificati i criteri della definizione di Osteria. Questo non significa naturalmente che i locali recensiti vìolino i principi già fissati dalla storia della guida, né tantomeno che siano particolarmente costosi (raramente si va oltre i 35 euro): tuttavia è innegabile che l'indeterminatezza lasci spazio a qualche dubbio.

Una delle critiche rivolte più frequentemente alla guida è la presenza di un numero troppo elevato di recensioni o, detto in altre parole, la scarsa selettività. Un'obiezione soltanto in parte condivisibile, visto che il livello medio delle Osterie d'Italia si è sempre mantenuto alto negli anni. E' vero che i curatori si sono sempre rifiutati di differenziare tra loro i locali in base a qualsiasi tipo di classificazione: scelta opinabile ma da apprezzare per coerenza. Ad ogni buon conto, e forse proprio per prevenire l'"indigestione", negli ultimi anni il numero di Osterie segnalate è rimasto sostanzialmente invariato (sono 1656).
Altra pecca, o presunta tale, della guida è il suo tenace attaccamento alla cultura gastronomica e ai prodotti locali: una strenua difesa che potrebbe anche avere come effetto collaterale la stanca ripetizione della "solita" cucina, senza più margini né possibilità di rinnovamento. La curatrice Paola Gho ha ben presente questo rischio, al quale dedica gran parte della sua introduzione, ma tuttavia non ha intenzione di cambiare strada: "Tra i due corni estremi - creatività spinta, de-strutturazione del piatto (...) da una parte, e sclerotizzazione del menu di tradizione ridotto a una quaterna di piatti tipici dall'altra - esiste una zona intermedia, per ora grigia e alquanto buia, che può diventare luminosa, interessante per chi mangia e gratificante per chi cucina. A patto che si scavi, si aggiunga, si dia fondo alle possibilità che i ricettari regionali offrono".
Chiudiamo con qualche curiosità: tra le tante nuove entrate c'è anche un ristorante recentemente visitato dalle Locuste, la Nuova Osteria Tripoli di San Giorgio di Mantova. Molte le novità nella zona di nostra competenza: l'Osteria del Gatto Rosso a Brissago Valtravaglia (VA), la Trattoria dei Cacciatori a Basiglio (MI), il Ristorante Santo Stefano a Lenno (CO) e due locali di Milano, La Pesa e L'Altra Pharmacia. Ma ad attirarci è soprattutto l'Agriturismo Il Camoscio di Monteviasco (VA), a due passi - per modo di dire visto che ci si arriva solo a piedi dopo un'ora di cammino - dal già noto Il Tasso. Notiamo invece con dispiacere la "bocciatura" dell'Antica Osteria La Guercia di Pesaro.