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Pubblicato Mercoledì, 09 Gennaio 2008 19:22
Arroccamento sulle posizioni conquistate o proseguimento di una “rivoluzione del gusto” in corso?
Schemi abusati o silenziose innovazioni? Snobismo celato o reale genuinità?
Dubbi che puntualmente ricompaiono, ogni anno, in occasione dell’uscita dell’attesissima guida
Osterie d’Italia, il “sussidiario del mangiarbere all’italiana” pubblicato da
Slow Food. Dubbi, secondo noi, ancora infondati: è vero che l’idea del
recupero delle tradizioni culinarie del territorio ha ormai 17 anni sulle spalle, è vero che di
cucina regionale e materie prime locali ormai si parla persino sui giornalini scolastici, ma è anche vero che il principio di base, proprio per questi motivi, va ancora promosso e diffuso nella sua vera essenza, rispondendo colpo su colpo alle
volgari imitazioni e a chi di tradizionale ha soltanto la facciata.
Altri sono i problemi che emergono: primo fra tutti, senza voler essere venali,
il prezzo. Non quello della guida, rimasto meritevolmente immutato (
20,14 € per
912 pagine), ma quello dei locali. Come da noi auspicato nella recensione alla
scorsa edizione - lassù qualcuno ci legge? - è ricomparsa quest’anno
l’indicazione del limite di prezzo per gli esercizi recensiti (al massimo
35 euro per tre portate); un limite che resta però sulla carta, dal momento che alla prova dei fatti in molti lo scavalcano abbondantemente. In un periodo in cui la riduzione del
potere d’acquisto dei salari è ormai evidente anche al profano, c’è da aspettarsi che prima o poi anche il florido settore della ristorazione venga colpito (anzi è già accaduto, stando agli ultimi dati): in questo contesto ci si aspetterebbe una
valutazione più rigida sulla variabile “conto”. Per carità, ben vengano 5 euro in più se si tratta di preservare
metodi e qualità della cucina, meno se l’obiettivo è quello di tutelare chi vorrebbe continuare a definirsi “osteria” pur avendo da tempo superato
la quarantina (di euro).
Un altro tema salito agli onori della cronaca negli ultimi mesi è quello dell’
attendibilità dei giudizi delle guide, e in questo campo va senza dubbio elogiata l’
operazione trasparenza di Slow Food, che anche quest'anno pubblica un elenco completo dei propri
collaboratori, in numero rilevante e decisamente credibile; tra loro spicca un nome d’eccezione, quello dello scrittore
John Irving. Proprio lui, insieme a Carlo Petrini e altri nomi storici della fondazione, è protagonista dello scherzoso (ma non troppo)
raccontino di Giovanni Ruffa che apre il volume: un modo per dribblare elegantemente l’obbligo dell’introduzione, d’accordo, ma forse anche per trasmettere un po’ di quello
spirito slow che troppe volte è stato frainteso all’esterno e probabilmente, a tratti, anche svilito dall’eccessivo sfruttamento commerciale.
Le altre novità contenute in questa edizione, tra cui anche due
nuovi percorsi lungo le vie dell’oliva all’ascolana e tra le cantine-frasche del Carso, le lasciamo scoprire al lettore. Basti sapere che tra i
1700 locali recensiti sono parecchie le nuove entrate o i reintegri: annotiamo con piacere, per quanto riguarda la nostra zona di appartenenza, l’
Osteria di Nerito Valter a Cantello, e l’ingresso dell’interessante
Dodicivolte di Rho. Sembra meritare una visita, a giudicare dalla descrizione, anche il ristorante
La Piana a Castello di Brianza; ci riproponiamo di verificare al più presto...