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Voci dal Salone: Pomodori contro la discarica

Nella giornata di apertura del Salone del Gusto di Torino c'era uno stand che più di ogni altro attirava l'attenzione di curiosi e appassionati. Non per l'indubbio richiamo estetico del Pomodorino del Piennolo del Vesuvio, caratteristico ortaggio tutelato dal Presidio Slow Food e dal marchio DOP, ma a causa della presenza di un voluminoso striscione di protesta sul tema che occupa negli ultimi giorni le prime pagine dei giornali: l'imminente (forse) apertura di una nuova discarica nel Parco Nazionale del Vesuvio. Un'eventualità che proprio non va giù a Giovanni Marino, titolare dell'azienda agricola Casa Barone, la più grande impresa biologica del Parco, la cui iniziativa ha messo in allerta non soltanto i giornalisti ma addirittura qualche membro un po' troppo zelante delle forze dell'ordine. Rimosso lo striscione, sono rimaste le motivazioni della protesta, come spiega lo stesso Marino: "Anche se siamo a diversi km di distanza dalla discarica, sono solidale con i cittadini di Terzigno e dei comuni limitrofi, a cui è negato il diritto costituzionale alla salute; sono solidale con gli operatori del turismo e della ristorazione, che vedono messa seriamente a rischio la sopravvivenza stessa delle loro aziende; e naturalmente sono solidale con tutti i produttori agricoli vesuviani, che subiscono un durissimo colpo, un danno d'immagine gravissimo che diventerà effettivo e permanente se, come pare, il Governo vorrà aprire questa seconda discarica". Si era detta la stessa cosa anche della mozzarella di bufala, che invece ha inaspettatamente visto aumentare le vendite: "Perché la mozzarella - spiega Marino - è un prodotto di straordinaria qualità ed è sottoposta a controlli rigorosi, oggi come ieri. Ma anche perché noi campani abbiamo risorse talmente valide che, malgrado ce la mettiamo proprio tutta per rovinarci da soli, a volte non ci riusciamo. I prodotti del Vesuvio, il vino, le albicocche e gli stessi pomodorini, non sono però così forti e potrebbero subire un danno non facilmente superabile nel tempo".

Il problema non è soltanto quello contingente, legato alle violente proteste dei cittadini nelle ultime settimane: "Come agricoltore - continua il titolare di Casa Barone - ritengo che non si debba tacere il problema, ma far sentire la propria voce perché finalmente anche in Campania si arrivi a una gestione normale del ciclo dei rifiuti. Il nostro no non è per principio alle discariche; è un no a come attualmente viene gestito, anzi non viene gestito il ciclo dei rifiuti in Campania. Perché il ciclo non funziona, c'è poca raccolta differenziata, non c'è un impianto di compostaggio dell'umido: basti dire che si chiede ai Comuni di fare la raccolta dell'umido per mandarlo fuori regione, al costo di 230 euro a tonnellata, mentre scaricarlo tale e quale in discarica costa 80 euro a tonnellata. Non mi sembra un granché come incentivo. Per non parlare poi degli impianti CDR, quelli della famose ecoballe, ora riconvertiti in STIR, Stabilimenti di Tritovagliatura e Imballaggio Rifiuti: impianti che non funzionano, perché dovrebbero separare i rifiuti in umido da stabilizzare, secco differenziato da riciclare, secco indifferenziato per il termovalorizzatore di Acerra e solo alla fine inviare il resto in discarica. E invece a Terzigno ci finisce qualunque cosa, come gli stessi parlamentari europei hanno potuto constatare: quella è una discarica illegale". Il no a un'ennesima soluzione-tappabuchi, insomma, è chiaro e netto: "Noi le discariche in un Parco Nazionale riconosciuto dall'UNESCO non ce le vogliamo, aspiriamo a un modello di sviluppo ben diverso". Eppure già oggi, a discarica chiusa, esiste un problema-rifiuti: lo stesso generale Mario Morelli, capo della struttura d'emergenza, ha parlato del Parco come di un "immenso immondezzaio". "E' vero - commenta Giovanni Marino - esiste un problema di microdiscariche, esiste un Ente Parco Nazionale che non è mai decollato e non si può certamente parlare di un livello di coscienza ecologica della popolazione particolarmente elevato. Ciò nonostante dissento dal generale Morelli: quello che lui dice è vero, ma ciò non significa che dobbiamo metterci sopra il carico da novanta aprendo due discariche, di cui una sarebbe tra l'altro la più grande d'Europa, e non invece lavorare per avere un Parco Nazionale degno di questo nome".

Il tutto naturalmente anche a beneficio di prodotti che, come il Pomodorino del Piennolo, sono davvero unici al mondo. Questo ortaggio, coltivato solamente tra i 150 e i 450 metri sul livello del mare e senza irrigazione, trae dal terreno vulcanico e dai raggi solari caratteristiche inconfondibili: la forma tondeggiante, la buccia spessa, che consente una conservazione più lunga, e il sapore dolcissimo ma al tempo stesso acidulo. Il "piennolo" non è altro che un grande grappolo, del peso di diversi kg, legato con un filo di canapa e tenuto sollevato da terra per consentire un'aerazione costante e una lenta maturazione. "Sicuramente il nostro pomodorino non può essere considerato un competitor del San Marzano - spiega Marino - anzi, i due prodotti possono tranquillamente camminare a braccetto perché hanno usi gastronomici abbastanza diversi. Se devo fare un ragù lo faccio con il San Marzano, se devo macchiare uno spaghetto alle vongole uso il pomodorino, come farebbe qualunque cuoca napoletana e non solo. Ci sono altri prodotti che hanno caratteristiche simili, ma quello che rende il Piennolo insuperabile sono a mio avviso gli abbinamenti con i piatti di pesce: grazie alla sua elevata conservabilità, infatti, il Piennolo acquista nel tempo un retrogusto leggermente amaro, che si riscontra già verso ottobre e che spezza la nota dolce tipica del pesce. Questo benché sia un pomodoro molto dolce, ben 8-9 gradi sulla scala Brix, contro i 6,5 previsti dal disciplinare di produzione".

Ascolta l'audio dell'intervista
http://www.locuste.org/suoni/Piennolo.mp3

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