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Leggere di gusto

Inutile nasconderlo: Leggere di Gusto, cofanetto in quattro volumi pubblicato da Sellerio (808 pagine complessive, 35 euro), è il risultato di un'operazione commerciale molto in voga nel mondo editoriale, la classica "strenna natalizia" che strizza l'occhio al compratore distratto all'affannosa alla ricerca di un dono piacevole e non troppo impegnativo. Rispetto ad altri arditi abbinamenti di questo tipo, però, c'è un vantaggio non da poco: nessuno dei quattro libri inclusi nella confezione è un "fondo di magazzino" di cui liberarsi il più in fretta possibile, anzi siamo di fronte a quattro letture interessanti e piacevoli, peraltro reperibili senza difficoltà anche separatamente nel catalogo dell'editore palermitano.

Nel poker d'assi calato dalla Sellerio c'è innanzitutto una sorta di Bibbia della gastronomia mondiale: il celeberrimo trattato "Fisiologia del gusto" di Anthelme Brillat-Savarin, magistrato e diplomatico vissuto a cavallo tra Settecento e Ottocento, che proprio negli ultimi anni della sua vita si appassionò ai piaceri del cibo e pubblicò quest'opera seminale, a cui deve la sua notorietà. Alcune delle sue meditazioni sono alquanto bizzarre, altre ormai obsolete, e certamente poco rispettose della vera e propria fisiologia così come noi la conosciamo; il libro, tuttavia, è una vera e propria miniera di frasi argute e citazioni (pescandone solo una, la celeberrima "Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei") oltre che di stimolanti riflessioni sull'alimentazione e sull'atto del nutrirsi.
Di tutt'altro genere gli altri tre volumi contenuti nel cofanetto, a cominciare da "Un filo d'olio" di Simonetta Agnello Hornby, autrice palermitana trapiantata in Inghilterra che, con questo libro del 2011, cede alla tentazione di una vera e propria autobiografia. Il racconto delle lunghe estati trascorse nella ricca tenuta di famiglia può risultare a tratti un po' didascalico e senza dubbio porta con sé un retrogusto elitario, ma vale assolutamente una lettura per l'ampio spazio riservato al cibo, vero elemento ispiratore della ricostruzione: le vicende narrate nel libro sono infatti accompagnate da 28 ricette "storiche" della famiglia Agnello e della tradizione contadina, certosinamente ricostruite con l'aiuto di Chiara, sorella dell'autrice. Insomma: pagine evocative da assaporare virtualmente e, perché no, da utilizzare anche come manuale sui generis di cucina.

Restiamo in Sicilia ma cambiamo ancora genere con il fulminante "Tacchino farcito" di Alda Bruno, pubblicato per la prima volta nel 2008: un breve raccontino a dir poco velenoso che riassume, in poche pagine, la saga e la decadenza della famiglia Malaspina, nobile stirpe palermitana contaminata negli anni da istinti meschini e geni non proprio purissimi (a causa dei continui matrimoni tra consanguinei). L'unica cosa che riunisce per un giorno i litigiosi Malaspina è il rituale pranzo natalizio, in cui non può mancare come pietanza principale un debordante tacchino ripieno: le trasformazioni e le mutilazioni subite da questo piatto procedono parallelamente al disgregarsi della famiglia, in un vero e proprio gioco al massacro che non prevede sconti per nessuno dei personaggi.
Lo ammettiamo, abbiamo lasciato volutamente per ultimo il boccone più prelibato: una vera e propria chicca dal titolo "Trattato di culinaria per donne tristi", misconosciuto gioiello del 1997 dello scrittore colombiano (ma italiano d'adozione) Héctor Abad Faciolince. Il titolo è affascinante ma ingannevole: il libro, in realtà, non si concentra affatto sulla "tristezza" ma affronta una dopo l'altra tutte le possibili emozioni femminili (e umane), dall'innamoramento alla paura della morte. Con piglio da sciamano o da guaritore, affabulatore ma anche autoironico, l'autore trova una "ricetta" più o meno realistica per curare le avversità della vita, mescolando sapienti consigli gastronomici a una visione fatalista dell'esistenza. Ne risulta un'opera di rara gradevolezza e sensibilità, assolutamente da leggere anche per chi non crede nei poteri taumaturgici della carne di mammut...

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