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Pubblicato Mercoledì, 23 Gennaio 2008 16:48
Il titolo, bisogna ammetterlo, crea un po’ di confusione: "
A tavola con Omero" intriga ma non dice abbastanza, per un libro che in efficacissima sintesi si occupa di tutta la
cucina dell’antichità classica, dai Greci ai Romani. Quello di Lia del Corno, in effetti, è un libretto minuscolo che dimostra ancora meno delle sue
117 pagine ed è in vendita a soli
5 euro, ma nonostante le dimensioni ridotte offre un compendio stringato e mai noioso di tutto quello che sappiamo sulla cucina dei nostri antenati, cioè, purtroppo, davvero poco.
Non è certo la prima volta che scrittori e studiosi (e il cognome
Del Corno dovrà pur dire qualcosa a tutti gli studenti che si sono cimentati almeno una volta con il greco...) tentano di ricostruire almeno per sommi capi la
gastronomia greca e romana. La curiosità sull’argomento è inevitabile, dal momento che in tutte le opere letterarie dell’epoca giunte fino a noi, comprese quelle più auliche, i riferimenti al cibo, e alla capacità di apprezzarlo, sono innumerevoli. L’approccio dell’autrice, piuttosto leggero e scanzonato ma
filologicamente irreprensibile, introduce al tema in modo non banale, cominciando dalla cornice (il rituale del banchetto, gli utensili) per arrivare alle
singole portate trattate in appositi capitoli: pane, pesce, carni, salse, verdure, dolci, frutta e vini. Completano l’opera tre curiosi excursus dedicati al
cibo nei sogni, al rapporto tra cibo, potere e piacere e, infine, al
cibo in Omero.
Quest’ultimo riferimento giustifica il titolo, ma va detto che Omero è solo una – e neppure la più ricca – delle tantissime
fonti citate. Le più rilevanti sono ovviamente
Apicio, autore del
De re coquinaria (unico manuale di ricette romane che possediamo), e il greco
Ateneo di Naucrati che scrisse
I sapienti a banchetto. Ma non mancano citazioni di autori più o meno noti, da Efippo a Marziale, da Linceo di Samo a Teofrasto. E c’è spazio anche per vere e proprie ricette a base di razza o di lattuga, di calamari o cinghiale, fino ad arrivare agli eccessi del
cammello arrostito e dell’appetitoso
fenicottero al burro!
Un libro stuzzicante che di certo non sazierà la
curiosità del lettore, ma semmai lo spingerà ad approfondire la ricerca sui temi più svariati, come le abitudini dei Greci e dei Romani a tavola: pranzi luculliani (appunto) e interminabili accompagnati da
canti e balli, oppure brevi pasti da consumarsi sdraiati sul
kline o sul triclinio, da cui deriverebbe l’usanza greca di mangiare ancor oggi pietanze tagliate in
pezzi molto piccoli per facilitarne l’ingestione in quella curiosa posizione.
Forse non scopriremo mai come mangiavano davvero i nostri avi - quelli che potevano permetterselo - ma perlomeno grazie a queste pagine riusciremo a sfatare i
luoghi comuni come quello relativo ai Greci, dei quali i Persiani dicevano che “terminavano il pasto quando avevano ancora fame”: sacrilegio!