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Turisti per cibo

Alzi la mano chi non ha mai invidiato il lavoro di Patrizio Roversi e Syusy Blady: viaggiatori instancabili, scopritori di luoghi incantati, narratori eccezionali di usanze, costumi e culture, e per di più inventori di un marchio vincente al punto da poter essere declinato senza perdere smalto in tutte le sue varianti editoriali, televisive, internettiane.
Dopo essersi cimentata con le spiagge delle Maldive e con gioie e dolori della barca a vela, la coppia di esploratori amatoriali si è dedicata dunque al mondo della cucina: prima con Golosi per caso, ora con questo nuovo Turisti per cibo, sempre edito da Il Sole 24Ore (440 pagine, 15,90 euro). Anche questa volta, per dirla tutta, il grosso del lavoro non è di Patrizio e Syusy ma di Martino Ragusa, inseparabile amico dei due e presentato fin dall'introduzione come il "Super-io" del gruppo, ovvero il gastronomo di professione che studia e approfondisce razionalmente i sapori e le suggestioni scovate dalla curiosità degli altri due viaggiatori.
Nonostante la scrittura a sei mani, comunque, il concetto di fondo non muta: Turisti per cibo è la cronaca di un viaggio attraverso le regioni d'Italia (e del mondo) alla scoperta di prodotti tipici, locali caratteristici, storie da raccontare.

Lo spirito del volume è efficacemente sintetizzato dalla frase in quarta di copertina: "assaggiando si impara, perché è in cucina, a tavola, al mercato che si conosce intimamente l'identità di un paese, la sua cultura, le sue tradizioni e, perché no, anche la sua economia". Così Patrizio e Susy, che si dedicano a viaggiare per il mondo, raccolgono e scambiano impressioni con Martino, impegnato invece a scandagliare l'Italia. Le pagine del libro sono il risultato di questa "corrispondenza" che gli autori si indirizzano l'un l'altro. Per ogni regione del nostro paese Ragusa redige una serie di articoli, partendo da un singolo stimolo (un agriturismo visitato, un prodotto assaggiato) per ricostruire tutta la gastronomia della zona. Anche nei paragrafi più curiosi ("Sarà poi vero che i liguri sono sparagnini?") si può star certi che non mancheranno riferimenti alle specialità della zona, in parte coincidenti con i presidi Slow Food, alle botteghe dove acquistarli e ai punti di ristoro più interessanti. Dal canto loro, Roversi e Blady rispondono con analisi assai più a ruota libera su tradizioni e manicaretti di ogni angolo del mondo.
Il libro - di cui citiamo anche il sottotitolo: "il grand tour del buon mangiare" - scorre via con tale leggerezza che si fatica a trovargli qualche pecca. Unico neo è forse la non eccessiva originalità dei temi trattati: molti dei cibi e dei racconti presentati sono in fondo già da anni patrimonio della letteratura di settore. Ma le ripetizioni sono ampiamente compensate dallo stile piacevole e dall'approccio scanzonato degli autori.

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