Recensione
Tra le catene di ristorazione italiane Seven è quella che assomiglia meno a una catena, e tra i ristoranti di Seven la Casa dei Ciliegi è quello che assomiglia di più a un ristorante: anche se la carne alla griglia rimane l'elemento dominante del menu, e persiste una certa standardizzazione di piatti e proposte culinarie, l'impianto generale della cucina è solido, e le alternative molto valide e ben presentate. Il resto lo fa la location: il vecchio casolare ristrutturato sulle sponde della Martesana offre un ambiente ideale per le cene estive all'aperto, ma anche per ospitare degustazioni, presentazioni e ogni genere di evento (non necessariamente culinario). Prezzi non particolarmente bassi, ma considerando l'assenza dei primi è possibile cavarsela anche con 35 euro.
Il menu si apre con una buona varietà di salumi e formaggi, alcuni dei quali di un certo pregio: si segnalano il lardo di Colonnata con miele e noci, la coppa di Busseto, la mortadella al tartufo nero e la cecina de Leon (rinomato salume spagnolo stagionato per 16 mesi in grotta). Decisamente più ruspanti i fritti: alette di pollo speziate, patate in abbondanza, anelli di cipolla e pannocchia croccante, il tutto accompagnato da salse all'americana. Per chi proprio non vuole rinunciare a uno sfizio ci sono anche gli spicchi di brie fritti con salsa tartara: l'importante è esagerare! Pochi e selezionati i piatti d'ingresso: tartare di fassona (in quattro varietà), carpaccio di carne salada, foie gras e l'appetitosa fonduta des Clarines, con 250 grammi di formaggio.
Esauriti i convenevoli, si passa alla vera specialità della casa: la carne alla griglia. Inevitabile l'attrazione per il "brontosauros", 500 grammi di costata argentina, ma meritano attenzione il filetto steccato (con lardo di Colonnata), il galletto schiacciato con limone e aromi e le costolette d'agnello New Zealand. Completano l'offerta le classiche ribeye e New York Strip. Complessivamente di ottima qualità la materia prima, spiccia e senza fronzoli la presentazione.
Un plauso lo merita la cantina, ben fornita e suddivisa - un po' arbitrariamente - in varie tipologie di vini. Il Piemonte fa egregiamente la sua parte con il Dolcetto d'Alba dei Marchesi di Barolo.