Recensione
Gli anni passano per tutti, anche se si è già "Vecchi": parecchi ne sono trascorsi dalla nostra prima visita a questo locale milanese e nel frattempo molto è cambiato. Il quartiere Isola è diventato sempre più modaiolo e affollato di ristoranti, l'osteria si è adeguata nel look e nell'arredamento, ha perso il suo locale "gemello" a pochi metri di distanza (rinominato in Osteria Dal Verme) e ha apportato qualche significativa variazione stilistica. L'idea di fondo, però, rimane la medesima: riprendere gli elementi delle vecchie osterie - tavoli di legno senza tovaglia, pochi fronzoli nel servizio - in un contesto assai più chic, con tanto di mobili di design. Il tutto in base a una formula in vigore fin dal 1994, anno di fondazione dell'osteria: cucina essenziale, servizio rapido e, soprattutto, prezzi ridotti, anche se un po' più alti di un tempo. L'idea continua a funzionare, anche perché il menu si è ampliato sino a includere varianti per tutti i gusti.
Sul piano della qualità, intendiamoci, nulla di trascendentale: nonostante qualche ingrediente ricercato, il livello dei piatti è nella norma e i riferimenti alla cucina del territorio sono abbastanza limitati. Il menu invernale si apre con una serie di antipasti particolarmente robusti (dai 5 ai 15 euro): crostini toscani "di nonna Nella" (con fegatini), crostoni di polenta di Storo con lardo di Colonnata, baccalà mantecato con crostoni di polenta, stracciatella di bufala con tartufo bianco o nero, salumi e formaggi. Ampio anche lo spettro dei primi: si va da una discreta minestra di lenticchie (6 euro) ai delicati tagliolini con tartufo bianco (18 euro), passando per tortelli di pere e formaggi al burro, zafferano e parmigiano, testaroli ai funghi, tortelli di farina di castagne con patate e porcini e l'immancabile risotto alla milanese.
Il meglio di sé, comunque, la cucina lo dà con i piatti unici: anche qui la fa da padrona la polenta di Storo, servita con tomini e speck alla griglia, scaloppine di pollo al limone, stinco di maiale arrosto (11 euro), formaggio di Branzi e tartufo nero o bianco (13-20 euro), e anche nel micidiale abbinamento con risotto alla milanese e ossobuco (20 euro), quest'ultimo per la verità non troppo riuscito. Tra le alternative spiccano agnellino sardo, tagliata di fassona e carne cruda con tartufo (25 euro). Torte e dolci senza infamia e senza lode: si segnalano soprattutto i sorbetti al fico d'india con passito di Pantelleria e al pompelmo rosa con Moscato d'Asti. La selezione dei vini è efficace ma con ricarichi piuttosto elevati: tra quelli dal miglior rapporto qualità-prezzo c'è il Rossobastardo delle cantine Cesarini-Sartori.
I secondi, prevalentemente a base di carne, sono notevolmente più corposi nelle quantità: immancabile la cotoletta alla milanese ma non mancano tartare di manzo, salamella alla griglia, costata e filetto, e persino maialetto sardo e agnello. La polenta taragna accompagna diversi piatti tra cui la scamorza ai ferri con lardo valdostano; meno entusiasmanti i tomini allo speck. Ottimi, invece, il pollo arrosto alla birra con patate e il fegato di vitello alla piemontese ripassato in burro e salvia. Dolci di buon livello benché anche qui, verso fine serata, la cucina esaurisca le scorte: resta il tempo di assaggiare la mousse di mirtilli, la bavarese di castagne con salsa al cioccolato e la torta di mele e cannella, la migliore. In lista, oltre al rosso della casa (un Nero d'Avola appena sufficiente), anche una decina di vini di etichette minori con ricarichi modesti, come il Chianti delle cantine Pieraccioni.