Recensione
Contasse solo la prima impressione, il ristorante Ai Giardini non se la caverebbe benissimo. All'esterno un'aria da night club e un nome troppo arzigogolato (nel precedente letterario l'abbinamento con il garofano era decisamente più appropriato...), all'interno spazi enormi e un arredamento tanto ricercato da risultare ridondante. Ma Milano è piena di sorprese, qualche volta anche in positivo: si scopre così che questo è un ristorante "di sangue blu", con radici illustri nella carriera dei due gestori e delle loro famiglie. Davide, in particolare, è di origini sarde ma di scuola piemontese - se anche non lo raccontasse lui stesso, si capirebbe dall'accento e da alcuni piatti dal menu - e da oltre vent'anni lavora nel capoluogo lombardo: da questo ardito mix nasce una cucina eterogenea, del tutto slegata dal territorio ma capace di alcuni lampi di grande qualità. Particolarmente curati il servizio e la carta dei vini, prezzo alto ma non oltre le attese.
Dopo questo preambolo un'altra doverosa premessa: abbiamo testato il locale durante la Milano Restaurant Week, dunque con un menu ridotto nell'assortimento e negli ingredienti. Ciò non ci ha impedito di apprezzare, tra gli antipasti, le delicate puntarelle con alici e mozzarella di bufala, la classica parmigiana di melanzane o quella - più originale ma ormai "sdoganata" - di pesce spada. Semplici ma davvero eccellenti alcuni primi, come la pasta alla Norma o il risotto al salto con funghi porcini. La carta prevede invece (tra i 9 e i 14 euro) vere prelibatezze isolane tra cui i culurgionis con pomodori Pachino, parmigiano e basilico, o le lorighittas (pasta tipica dell'oristanese) con aragostelle; in alternativa, tagliolini ai funghi o paccheri napoletani al ragù di filetto. Un appunto: in alcuni casi la salatura dei condimenti risulta eccessiva.
Il menu, come si può notare, è enciclopedico e ha il solo torto di non presentare un piatto forte: tra i secondi, per esempio, si spazia dal filetto di tonno al sesamo al branzino alla vernaccia, dalla fiorentina alle costine d'agnello impanate al pistacchio (18-22 euro). Interessanti l'essenziale pesce spada alla messinese (con pomodori, cipolla, capperi e olive) e i moscardini alla luciana. Come contorno consigliatissime le patate fritte "lamellari", mentre le dolcissime caramelle di pasta sfoglia al mascarpone devono lasciare il giusto spazio per i dolcetti serviti con il caffè. Capitolo a parte merita come detto la cantina, rifornita da tutte le regioni con qualche chicca come il raro Torbato spumante della Sella & Mosca. Tra le altre proposte citiamo, per rapporto qualità-prezzo, l'ottimo Refiano delle cantine Cavalier Pepe.
Adiacente al ristorante, un omonimo bistrot con piatti più economici si propone come valida alternativa per la pausa pranzo.