Recensione
Tre piani di prelibatezze, golosità e manicaretti, un immenso supermercato unicamente dedicato ai prodotti d'eccellenza della gastronomia italiana, una serie di mini-ristoranti ciascuno riservato a una portata del pranzo, un museo unico al mondo, una sterminata varietà di birre e vini, il tutto all'insegna del "buono, pulito e giusto", l'ideale principe di Slow Food. Il Paradiso in terra, dunque? O un'abilissima operazione di marketing? Eataly (fin dal nome) è senza dubbio entrambe le cose: lo stupefacente assortimento di prodotti di qualità, i rutilanti scaffali ricolmi di prosciutti e formaggi, i banconi a cui ci si accosta per ordinare primi e secondi da consumare (se va bene) seduti su uno sgabello, sono tutti aspetti che da un lato affascinano e dall'altro intimoriscono, evocando immagini più affini a un centro commerciale che a una vecchia osteria di provincia. L'impressione generale è quella di un'atmosfera un po' artefatta e tutt'altro che distante dal modello di consumo "fast", prezzi compresi. Poi, però, si va in profondità - in tutti i sensi - e ci si accorge che questi locali, ricavati all'interno dei vecchi stabilimenti del vermuth Carpano, sono davvero un concentrato di genuino amore per il cibo e per i suoi processi produttivi; si ammirano oltre 150 varietà di salumi, 200 formaggi, frutta e verdura da ogni dove, e ci si domanda come un miracolo del genere sia potuto diventare realtà.
Venendo ai ristoranti in senso stretto, la formula è molto semplice: per ogni portata del pasto - affettati, primi, secondi di carne e di pesce, pizza, dolce e così via - è disponibile un ampio bancone a cui ordinare i piatti del giorno, generalmente 3 o 4 per volta. Si va dalle più classiche preparazioni regionali a quelle strettamente piemontesi, come gli eccellenti agnolotti dal plin al burro e salvia; gli ingredienti, comunque, sono sempre e rigorosamente certificati. Un capitolo particolare va dedicato alla carne, che proviene esclusivamente da bovini di razza "La Granda" (presidio Slow Food): paradisiaca la tagliata di manzo con erba cipollina e verdure grigliate. Si mangia direttamente seduti al bancone oppure al tavolino, a metà tra self service e ristorante vero e proprio. Di primissima qualità anche pane e vini, come il barbera Raimonda delle cantine Fontanafredda. Le porzioni non sono economiche ma decisamente soddisfacenti sul piano della quantità; quello che proprio non va è invece il servizio, tanto lento da costringere a snervanti attese soprattutto nelle ore di maggior affollamento. Peccato, ma ciò non esime dal programmare una visita a questa sorta di paese dei balocchi culinario, stando attenti a evitare il rischio-overdose...