Navigare necesse est

Navigare necesse est
(Plutarco)

Usare lo stomaco come bussola non è sempre vantaggioso. Ne sanno qualcosa le locuste che, dopo aver sterminato tutto quanto trovavano sulla propria strada, spesso sono state sterminate a loro volta (in un’occasione addirittura condannate in un regolare processo).
E noi, mangiatori apparentemente edonisti e immorali, faremo la stessa fine? Finiremo come Trimalcioni dei poveri a banchettare sulle rovine del nostro mondo, privi di coscienza e di cultura?

La risposta è no. Perché nel nostro spirito, oltre all’intento goliardico di abbuffarci il più possibile sulle orme di Homer Simpson, c’è anche altro. Per esempio la curiosità di scoprire sempre nuove realtà e nuovi sapori, il desiderio di capire il paese in cui viviamo anche attraverso la sua cucina, la volontà di conoscere le tradizioni gastronomiche per non lasciarcele alle spalle senza memoria. E poi naturalmente il sentimento di libertà dato dal viaggio, la pulsione alla fuga dalla realtà quotidiana, insomma: la possibilità di rompere il depressore della nostra Fiat Tempra e continuare come se niente fosse, oppure di fare una deviazione di 150 km per pranzare ad Amatrice senza che questo incida sul nostro stato mentale - forse perché già compromesso.

Speriamo di poter continuare le nostre esplorazioni, finché il tempo e le finanze ce lo consentiranno: non per dimostrare a noi stessi di essere dei buongustai, ma semplicemente per tornare a casa più esperti, più soddisfatti, purtroppo anche un po’ più pesanti di quando eravamo partiti.
Perché tra uno spostamento e un viaggio c’è la stessa differenza fondamentale che passa tra nutrirsi e mangiare.

18 novembre 2003

Eugenio Peralta
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