Recensione
A metà strada tra Parma e Reggio e non lontano dal corso del Po, l'ottocentesco casolare ristrutturato di Lorenzo Motta offre ai suoi visitatori non soltanto una cucina verace e genuina, ma anche un albergo caratteristico e non eccessivamente costoso, con camere ricavate nel vecchio fienile. L'ambiente è tipicamente agreste, l'atmosfera molto familiare e accogliente; il luogo, insomma, si presenta benissimo. Purtroppo però le porzioni, a fronte di una qualità ottima, non sono sempre di qualità adeguata e il servizio risulta a tratti insufficiente. Il conto finale, che difficilmente resta al di sotto dei 40 euro, non migliora il giudizio.
Il menu varia a seconda della stagione, ma è interamente basato su piatti della tradizione reggiana. Il pranzo si apre, dunque, con una serie di antipasti veramente eccellenti: l'immancabile salame nostrano, ma anche il culatello all'aceto balsamico, l'erbazzone al prosciutto e l'imperdibile salame fritto nel Lambrusco (o nel vino bianco). Anche i primi piatti non si distaccano dal tipico canovaccio della zona: ecco dunque cappelletti in brodo, tortellini e tortelli alle erbe. Segnalate anche, nella stagione invernale, le tagliatelle al sugo d'asina.
Secondi meno esaltanti anche se ugualmente tipici: filetto all'aceto balsamico il migliore, ma ci sono anche coniglio arrosto e trippa all'emiliana. Tra i dolci spicca la "solita" zuppa inglese anche se non mancano, in stagione, le più estive fragole con gelato. Discreti i vini: la cantina è basata soprattutto su varie etichette di Lambrusco. Dopo il caffè impossibile chiudere senza un bicchierino di Nocino.