Recensione
Non ci sono dubbi: Marco Guzzardi, meglio noto come “Marcone”, è uno che ci mette la faccia. In senso letterale, perché sul sito del ristorante, nei frequentatissimi spazi social e naturalmente anche in sala ad apparire è sempre il suo volto sorridente, che sprizza bonomia e un pizzico di incoscienza. Quella necessaria per aprire l’ennesimo ristorante nel quartiere di Porta Romana e nella già affollatissima via Muratori. Ma attenzione, non c’è ingenuità dietro questa operazione che dimostra buone conoscenze di comunicazione e marketing, a partire dal claim “trattoria conviviale”: apparentemente una tautologia, in realtà un amo gettato al cliente milanese che ama crogiolarsi nell’ideale – ma solo in quello! – del “vecchio locale di una volta”. La verità è che Marcone gestisce un ristorante moderno, a tratti anche sofisticato, ma in grado di conciliare tradizione e moderata ricerca con perfetto senso dell’equilibrio. L’asso nella manica è il menu ridotto: ogni settimana 4 primi (a 8 euro) e altrettanti secondi (14 euro), accompagnati da una ristretta scelta di antipasti, dolci e vini ben selezionati. La cura dei dettagli, come gli stuzzicanti enigmi che accompagnano la descrizione di ogni piatto, contribuiscono alla buona impressione complessiva, come il conto che non va mai sopra i 40 euro.
Qualche piacevolezza per gli avventori arriva già prima di ordinare: la deliziosa polentina fritta servita come aperitivo ma anche, su un altro piano, l’acqua microfiltrata e compresa nel coperto. Non ci sono veri e propri antipasti ma piatti “per gola o curiosità” che possono essere collocati a inizio o a fine pasto: verdure in agrodolce, bruschette con lardo e noci, pecorino di Moliterno con crema di peperoni verdi, lonzino con finocchi (anche se, in questo caso, i prezzi stonano un po’ con il resto dell’offerta). I primi, come detto, cambiano di settimana in settimana anche in base alla stagionalità degli ingredienti: il menu completo è consultabile sul sito e sulla pagina Facebook del ristorante. Perfettamente riuscita la crema di fave con cicoria ripassata, d’ispirazione pugliese; interessante anche il risotto alla pilota mantovano. In alternativa, robusti pizzoccheri di Teglio e la più originale “carbonara di asparagi” con pasta fatta in casa. Come piatto unico, se si è fortunati, si può contare sul risotto alla milanese con ossobuco in gremolada (19 euro). Uno sforzo in più forse potrebbe essere fatto sull’abbondanza delle porzioni, ma la qualità generale è decisamente buona.
Stesso discorso vale per i secondi tra cui spicca il manzo “come capriolo”, cioè con un condimento a base di vino, verdure, burro e lardo, e con abbondante polenta di accompagnamento. Nel menu anche il coniglio al Teroldego con polenta, la torta salata con porri e scamorza e il guazzetto di moscardini con piselli. Dolci tutti artigianali, con l’esclusione del sorbetto al mandarino: torta al cioccolato, tiramisù all’amaretto e un non meglio identificato – per nostra mancanza – flan con albicocche secche, il migliore del lotto. Una nota particolare merita la cantina: il vino della casa è sostituito dai cosiddetti “vini conviviali” (in genere bianchi, rossi frizzanti o rosati) a 11 euro la bottiglia. Poi una selezione di 4 bianchi e 4 rossi ben assortiti, in scala crescente di pregio: ottimo rapporto qualità prezzo per il Montescudaio Rosso della cantina livornese Santa Perpetua. A fine pasto vini dolci, zibibbo e una buona scelta di grappe e liquori.