Recensione
Ci sono esperienze che, lo si capisce già mentre si vivono, sono destinate a rimanere indissolubilmente impresse nella memoria. E ci sono ristoranti che sono destinati a essere ricordati per sempre, per motivi che vanno ben al di là del cibo.
Il Boteko non è un locale che possa finire sulle guide gastronomiche; anzi, a ben guardare, è persino difficile definirlo un locale. Per trovarlo bisogna percorrere in discesa la lunga via Manuel II, cercare una vecchia e sbiadita insegna della Coca Cola, scrutare attraverso gli spessi vetri della porta e soprattutto sperare che vi facciano entrare: dalle 18 alle 22 circa qui si riuniscono anziani e meno anziani della zona per la cerimonia (la chiamiamo così perché ha qualcosa di indubitabilmente religioso) del fado. A turno tutti imbracciano la chitarra e cantano antiche, lamentose nenie sotto lo sguardo commosso e un po' inebetito di avventori e turisti; spesso, l'esibizione sfocia in una vera e propria gara tra improvvisati cantori. Naturalmente, interrompere il canto per sedersi o mangiare sarebbe considerato uno sgarbo imperdonabile.
Quando ci si riprende dall'emozione ed è finalmente possibile sedersi a tavola, ci si rende conto che la strabiliante atmosfera del locale si estende anche alla proposta culinaria: i piatti sono a dir poco casalinghi, le porzioni improvvisate, i prezzi assolutamente ridicoli (il costo massimo di un piatto è di 5 euro, per una birra si spendono 50 centesimi!). L'offerta della lista è assai semplice e limitata, le pietanze non sono certo sofisticati manicaretti, ma se non altro rappresentano la quintessenza della genuinità.
Non mancano zuppe e minestre, ma si consiglia di optare per uno dei tanti piatti composti a base di carne, servita con abbondante accompagnamento di patatine fritte e insalata. Protagoniste assolute sono le bifanas, quelle che noi chiameremmo "fettine", ma assai più corpose e saporite. Da non perdere anche i bolinhos de bacalhau, gustose polpettine della più conosciuta specialità portoghese: il baccalà, appunto. Ma il vero piatto forte della casa è un altro: la francesinha (nella foto), ironica fin dal nome nei confronti degli odiati transalpini. A questo nome raffinato corrisponde infatti una pietanza incredibilmente ricca di grassi e altre turpitudini gastronomiche. Ne esistono diverse versioni: quella da noi provata è in sostanza un toast ripieno di vari strati di prosciutto, mortadella, formaggio, patate e altre amenità, il tutto ricoperto da una densissima salsina di ignota composizione. Il meglio che si possa chiedere, insomma, per riprendersi dallo stupore provato all'ingresso...