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A cena sul social divano

Tempi moderni, tempi in cui tutto è social, almeno in riferimento all’universo dei mezzi di comunicazione (visto che, a quanto sembra, l’uomo lo è sempre stato). In questo senso ci avevano visto davvero lungo i creatori della Social Media Week, nata cinque anni fa, quando dalle nostre parti quasi neppure si sapeva di che si parlasse, e oggi esportata in 26 città del mondo tra cui Milano.
Per inaugurare l’edizione meneghina del 2013, che ha preso il via lunedì 18 febbraio, si è scelto proprio il tema del cibo: non certo un caso, visto che tra recensioni di ristoranti, foto di piatti, blog di ricette e commenti ai cooking show più in voga, il “social food” è stato forse la tendenza più evidente degli ultimi mesi in rete. Allo Urban Center, in Galleria Vittorio Emanuele, un parterre fin troppo ricco (nove relatori in un’ora!) ne ha sviscerato le principali articolazioni.

Il critico Davide Oltolini, volto noto della televisione, ammette di essere un neofita di Twitter ma ne trova subito la definizione più azzeccata: “la cosa intrippante è che è come un grande divano collettivo su cui tutti si siedono a commentare. Per chi lavora in tv è molto utile, garantisce un feedback immediato, anche se funziona solo con certe fasce d’età”. Sempre su Twitter, ma dal lato utente, si concentra Elisa Pella, dell’ufficio stampa di Identità Golose: “I cuochi lo usano poco e male, perché richiede troppo tempo rispetto ai loro ritmi. Piace di più Facebook, ma il social degli chef per eccellenza è Instagram, grazie all’immediatezza delle foto. Nell’uso del web il cuoco è come un qualunque foodie: mostrano la loro spesa e gli ingredienti acquistati, si contattano tra loro, soprattutto amano fotografare e commentare i ristoranti dei colleghi”. Gabriele Zanatta, ancora di Identità Golose, aggiunge che i social network “influiscono anche sull’agire dei cuochi: intanto forniscono ispirazione su piatti e ricette, anche se al tempo stesso rendono più difficile copiare. E poi, visto che trasmettono le immagini ma non i sapori, tendono a incentivare i piatti belli rispetto a quelli buoni. Ultimamente, però, c’è chi si ribella a questo trend”. I numeri, comunque, certificano ciò che tutti già sanno: “Dai social ci arriva solo il 15% dei visitatori, la potenza della televisione non ce l’ha nessuno”.

Televisione vuol dire anche Master Chef, la trasmissione del momento: “Ormai ci sono molte centinaia di commenti a puntata – sottolinea Sara Porro, di Dissapore – e la produzione, a differenza della prima edizione, è intervenuta per agevolare l’interazione, ma anche per vincolare i concorrenti con precise regole. Twitter mi piace perché si creano dei veri e propri gruppi d’ascolto come negli anni Cinquanta con la TV. Le relazioni virtuali non sono in contrasto con quelle reali: entrambe danno profondità all’esistenza”. E i blogger come vivono l’apporto dei social network? C’è chi, come Lisa Casali (Ecocucina), si limita a sfruttarli per raccogliere idee e consigli dei lettori e chi, magari suo malgrado, ne ha fatto un’arma vincente. Questo è il caso di Sonia Peronaci di Giallo Zafferano, uno dei siti “personali” più visitati in Italia: “Il boom c’è stato quando ho messo il mio nome e la faccia sul sito, facendolo diventare davvero social. Anche il contatto con la televisione l’ho avuto grazie a Facebook”. Blogger decisamente atipico è Claudio Sacco, il Viaggiatore Gourmet che ha creato Altissimo Ceto: “Sono stato forse il primo a fotografare i piatti, oggi lo fa chiunque e anche con altissima qualità. Non sempre gli chef apprezzano: c’è chi crede che i social rovinino la sorpresa, e del resto nel mondo della ristorazione c’è spesso poca trasparenza, anche sui prezzi. Io credo che Internet obblighi i cuochi a giocare a carte scoperte: dalle foto si capiscono tante cose del ristorante, ben al di là della descirizione, e l’aspetto social rende la condivisione immediata e democratica. A chi legge interessa vedere una foto vera, prima ancora che bella”.
Si chiude così con il campo minato delle recensioni via web: “Non è facile spiegare ai titolari dei locali che la recensione non è sempre una minaccia” ammette sconsolata Claudia Resta di Yelp. Possiamo decisamente capirla…

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