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La tradizione non tradisce

Il primo impatto è piuttosto negativo, perlomeno per chi non passava da queste parti da un po' di tempo. Diminuito il numero degli stand, un po' artigianali le strutture e decisamente deprimente il meccanismo di lavaggio dei bicchieri: insomma, un'edizione "poveristica" dell'Italia Beer Festival, sotto tanti punti di vista. Inevitabile dopo il mezzo flop dello scorso anno. Eppure, superato lo smarrimento iniziale, il giudizio sulla benemerita manifestazione milanese non può che essere espresso con il pollice (e il gomito) in su. La formula del pagamento a gettoni funziona, anche perché gli spillatori - alcuni dei quali già un po' obnubilati dall'alcool - sono piuttosto generosi; le dimensioni ristrette della fiera consentono di dedicare più attenzione ai singoli stand; i tavoli piazzati alla bell'e meglio sul parquet del Palalido fanno da punto d'appoggio ideale per le degustazioni.
E le birre? Sempre di ottima qualità, con i "capisaldi" delle scorse edizioni affiancati da alcune nuove realtà davvero interessanti. Volendo tracciare un quadro generale, si può dire che nei microbirrifici italiani serpeggia la preoccupante tendenza all'originalità a tutti i costi: tra birre al tartufo, allo speck, al pompelmo, alla liquirizia e persino afrodisiache, si corre il rischio di perdere di vista il core business, per esprimersi in linguaggio "markettaro".

Fortunatamente la tendenza è, almeno apparentemente, poco premiata dal pubblico e a stravincere sono le birre tradizionali, in primis le bionde pils e weisse, anche se si è notata qualche scura di rilievo. Tra una discussione e l'altra sulla legittimità della dizione "doppio malto" (tutta italiana e decisamente ingannevole), si rischia di fare notte senza accorgersene: poco male se si ha a disposizione una quantità sufficiente di materia prima.
Veniamo ai premiati: la miglior birra tra le 44 presentate ufficialmente (in degustazione ce n'erano molte di più, oltre 200) è la Winterlude del parmense Birrificio del Ducato, seguita dalla Oscura del BOA di Ostia e dall'irlandese O'Haras del birrificio Carlow. La nostra personale preferenza va invece al Birrificio Rurale di Certosa di Pavia, che ha proposto l'eccellente Terzo Miglio, basata su varietà di luppolo americane e non a caso premiata come Birra dell'Anno 2010 da Unionbirrai; interessante anche la leggera e aromatica Seta. Applausi anche per la nera, nerissima Inga del birrificio MM1989 di Ponte San Pietro (Bergamo): una birra densa e profumata dal persistente gusto di caffè, assolutamente "da meditazione" se mai questa definizione ha avuto un senso. Ottima anche la birra di castagne dello stesso produttore. In ordine sparso citiamo anche il birrificio Croce di Malto di Trecate (Novara), che merita un inchino innanzitutto per il nome e poi per la sua birra chiara Hauria, di stile tedesco; il Birrone di Castelnuovo di Isola Vicentina, con la maliziosa ambrata Punto G e soprattutto la novità Cibus, definita "il pane liquido"; il Birrificio Lariano di Dolzago che si fa notare per la pils La Grigna e la birra alle castagne Caravina; infine il birrificio San Paolo di Torino e la sua Ipè al chinotto. Quest'ultima segnalazione non è in contraddizione con quanto detto sopra: il gusto dell'agrume è lievissimo, a prevalere sono i luppoli che ne fanno una perfetta American Pale Ale.
Ai nomi fin qui segnalati vanno aggiunti i già noti: il birrificio Toccalmatto di Fidenza, l'Amiata di Arcidosso (Grosseto) con la sua insuperabile birra di castagne, l'Henquet di Ovada e la "biretta" del BOA di Ostia. Più una novità che ci tocca molto da vicino: grazie al festival abbiamo infatti scoperto l'esistenza di un secondo birrificio artigianale a pochi metri da casa nostra, a Busto Arsizio (dopo il pluripremiato Orso Verde). Si chiama L'Inconsueto e promette molto bene: noi, dal canto nostro, promettiamo di visitarlo al più presto...

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