Opinione scritta da Locuste
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Negozi
2014-02-12 17:01:05
Locuste
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Opinione inserita da Locuste 12 Febbraio, 2014
#1 recensione -
#1 recensione -
Recensione
Data di visita
Febbraio 08, 2014
Recensione
Cantina di recentissima origine (è nata nel 2012) che dà una personalissima interpretazione dei tipici vini sardi: audace il Vermentino Stria, dolce ma inaspettatamente alcolico il Cannonau Riviera. C'è anche il 3 Nodi, Isola dei Nuraghi passito.
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Negozi
2014-02-12 16:58:00
Locuste
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Opinione inserita da Locuste 12 Febbraio, 2014
#1 recensione -
#1 recensione -
Recensione
Data di visita
Febbraio 08, 2014
Recensione
I vini tipici della Valpolicella sono qui rielaborati con un tocco di originalità: il Ca' Linverno è un'invenzione di Diego Cottini basata sul doppio appassimento e sull'invecchiamento di 24 mesi in rovere. Eccellente l'Amarone invecchiato per 36 mesi.
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Negozi
2014-02-12 16:54:23
Locuste
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Opinione inserita da Locuste 12 Febbraio, 2014
#1 recensione -
#1 recensione -
Recensione
Data di visita
Febbraio 08, 2014
Recensione
Azienda vitivinicola friulana nota soprattutto per il marchio Lautoctono, con cui ha rilanciato vitigni locali come Ucelut (vincitore del primo premio tra i vini autoctoni alla Fiera di Bolzano), Forgiarin, Sciaglin e Piculit Neri.
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Ristoranti
2014-02-09 14:24:06
Locuste
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Opinione inserita da Locuste 09 Febbraio, 2014
#1 recensione -
#1 recensione -
Recensione
Data di visita
Febbraio 02, 2014
Recensione
Il nebbioso nulla della Pianura Padana, tra un canale e un campo coltivato, fa pensare a tutto meno che ai grandi eventi della storia. Eppure da queste parti, nella Campagna d’Italia del lontano 1796, si fermò nientemeno che Napoleone Bonaparte con il suo esercito: lo ricorda diligentemente una targa celebrativa. Che ci si trovi in un punto di passaggio, del resto, lo testimonia senz’ombra di dubbio il toponimo “Osteriola”, e ancora oggi, mentre a pochi chilometri di distanza scorre l’autostrada, le motivazioni per inoltrarsi nelle campagne ci sono tutte. L’Osteria sul Naviglio è una vera e propria istituzione della zona e in ogni particolare, dall’aspetto esteriore alle pietanze servite fino all’umorismo spiccio e burbero dei gestori, riproduce fedelmente le tradizioni “di una volta”; da qualche tempo al suo fianco sorge una moderna birreria, ma il contesto non è affatto cambiato. Sosta assolutamente da consigliare a chi ama i piatti senza fronzoli e non va tanto per il sottile per quanto riguarda l’atmosfera. Prezzi nella media.
Se non si fosse ancora capito, la location è ideale per bevute in compagnia e pranzi conviviali, e dunque non stupisce affatto che l’apertura sia affidata a un ricco antipasto a buffet: verdure di ogni tipo, funghetti sott’olio, focacce, tartine e barchette di pasta con insalata russa. Ma soprattutto due “perle”: fettine di zucca sott’olio con cipolle e un piatto ricolmo di eccezionali ciccioli da cui attingere a piene mani. Smaltito il primo impatto, e mentre l’onesto Lambrusco della casa inizia a scorrere a fiumi, arriva quello che si può considerare il piatto forte: gnocco fritto (perfetto nella cottura) e tigelle a volontà, abbinati a robusti piatti di prosciutto crudo, salame e coppa e di ottima crescenza. La chicca – si fa per dire: nella zona è assoluta normalità – è il pesto di lardo da spalmare sulle tigelle. A parte quest’inevitabile mossa, non provate a prendere in mano il coltello e utilizzate esclusivamente le mani, o sarete immediatamente redarguiti dal personale!
Dopo questa scorpacciata di affettati molti si fermano, ma in realtà la casa ha ancora parecchio da regalare. Per esempio alcuni interessanti primi piatti, come le lasagne verdi al ragù (non eccezionali, ma di discreta fattura) e i tortelli di zucca al sugo di carne, retaggio della cucina di Mantova che del resto dista soltanto pochi chilometri. In occasione della nostra visita non abbiamo testato i secondi piatti, tra i quali spicca il classico stinco con patate; per il resto tanta carne alla griglia, dagli spiedini alla costata. Capitolo dolci: da provare il bocciolo di rosa, tortino dalla caratteristica forma a fiore, e la sbrisolona, naturalmente imbevuta di grappa come usa da queste parti. Ma la vera specialità è il “dolce mattone”, una variante popolare del tiramisù, a base di biscotti secchi, uova, burro, caffè e liquore. Per chiudere, tra amari e digestivi vari fa capolino il mitico Parampampoli, liquore al caffè di origine trentina da consumare rigorosamente flambé: per chi non lo conoscesse, un’esperienza da provare.
Se non si fosse ancora capito, la location è ideale per bevute in compagnia e pranzi conviviali, e dunque non stupisce affatto che l’apertura sia affidata a un ricco antipasto a buffet: verdure di ogni tipo, funghetti sott’olio, focacce, tartine e barchette di pasta con insalata russa. Ma soprattutto due “perle”: fettine di zucca sott’olio con cipolle e un piatto ricolmo di eccezionali ciccioli da cui attingere a piene mani. Smaltito il primo impatto, e mentre l’onesto Lambrusco della casa inizia a scorrere a fiumi, arriva quello che si può considerare il piatto forte: gnocco fritto (perfetto nella cottura) e tigelle a volontà, abbinati a robusti piatti di prosciutto crudo, salame e coppa e di ottima crescenza. La chicca – si fa per dire: nella zona è assoluta normalità – è il pesto di lardo da spalmare sulle tigelle. A parte quest’inevitabile mossa, non provate a prendere in mano il coltello e utilizzate esclusivamente le mani, o sarete immediatamente redarguiti dal personale!
Dopo questa scorpacciata di affettati molti si fermano, ma in realtà la casa ha ancora parecchio da regalare. Per esempio alcuni interessanti primi piatti, come le lasagne verdi al ragù (non eccezionali, ma di discreta fattura) e i tortelli di zucca al sugo di carne, retaggio della cucina di Mantova che del resto dista soltanto pochi chilometri. In occasione della nostra visita non abbiamo testato i secondi piatti, tra i quali spicca il classico stinco con patate; per il resto tanta carne alla griglia, dagli spiedini alla costata. Capitolo dolci: da provare il bocciolo di rosa, tortino dalla caratteristica forma a fiore, e la sbrisolona, naturalmente imbevuta di grappa come usa da queste parti. Ma la vera specialità è il “dolce mattone”, una variante popolare del tiramisù, a base di biscotti secchi, uova, burro, caffè e liquore. Per chiudere, tra amari e digestivi vari fa capolino il mitico Parampampoli, liquore al caffè di origine trentina da consumare rigorosamente flambé: per chi non lo conoscesse, un’esperienza da provare.
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Ristoranti
2014-02-06 12:07:40
Locuste
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Opinione inserita da Locuste 06 Febbraio, 2014
#1 recensione -
#1 recensione -
Recensione
Data di visita
Febbraio 01, 2014
Recensione
“Cavabusción” è voce dialettale derivata direttamente dal francese e di facile comprensione anche per i non meneghini, ma chi proprio non dovesse intuirne il significato si toglierà ogni dubbio con uno sguardo alla vetrina del ristorante di via Borromei, in cui fa bella mostra di sé un’ampia collezione di cavatappi di ogni foggia e misura. Siamo nel pieno centro di Milano, a due passi da piazzale Cadorna, e il locale ha l’ormai inconfondibile look modernista tipico del capoluogo lombardo: design minimale e un po’ industrial, arredamento essenziale, bianco come colore dominante. Insomma, ci sono tutti i presupposti per temere il peggio. E invece in questo caso alla forma si abbina anche parecchia sostanza perché il menu, privo di un radicamento territoriale, seleziona intelligentemente piatti delle più diverse tradizioni regionali, senza mai farsi mancare un tocco di creatività; la curata presentazione delle pietanze dà anche all’occhio la sua parte. Certo, il servizio soffre di qualche trascuratezza (anche perché il piccolo locale, su due piani, è spesso affollato) e i prezzi non fanno fare i salti di gioia, ma non sono neppure eccessivi per il contesto.
A dispetto del nome, il ristorante non sembra particolarmente specializzato nel vino, ma presenta comunque una buona scelta di bottiglie di ogni tipologia; nella lista dei bianchi la fa la padrona la cantina Nativ di Avellino, fondata nel 2008 dal celebre enologo Mario Ercolino, che fornisce tra l’altro la fresca ed economica Falanghina e un eccellente Greco di Tufo. Gli antipasti sono costosi (10 euro) ma serviti in porzioni generose, e vale la pena farsi sedurre da qualche proposta interessante come – in stagione – l’insalata di carciofi freschi con limone, pesto di acciughe e mozzarella di bufala, davvero ben riuscita. Ruba l’occhio, e anche il gusto, il tomino delle Langhe con speck stagionato, servito su un letto di polenta; interessante anche la selezione di salumi, con salame mantovano, lardo di Arnad e mortadella al tartufo fra gli altri.
I primi sono meno entusiasmanti, ma meritano comunque un assaggio i delicati tortelli di zucca mantovani con salsa al vino e amaretti sbriciolati; in alternativa, strascinati lucani con cozze, cime di rapa e peperoncino, oppure risotto verde agli spinaci con bufala e pomodorini. Tra i secondi (16-20 euro) la specialità della casa è la tagliata di fassona, ma fa la sua figura anche la costoletta di vitello (taglio diverso, ma preparata come una cotoletta alla milanese) con burro chiarificato e patata tartufata. Il piatto più originale è però il filetto di baccalà al forno con purè di fave, coste e semi di papavero: il pesce non oscura gli altri sapori e l’equilibrio è perfetto. In lista anche la classica salsiccia con friarielli. Assai meno originali i dolci, tra i quali comunque spiccano la torta pere e cioccolato e il discreto tiramisù (in bicchiere). Bilancio complessivo: migliorabile, ma da tenere presente.
A dispetto del nome, il ristorante non sembra particolarmente specializzato nel vino, ma presenta comunque una buona scelta di bottiglie di ogni tipologia; nella lista dei bianchi la fa la padrona la cantina Nativ di Avellino, fondata nel 2008 dal celebre enologo Mario Ercolino, che fornisce tra l’altro la fresca ed economica Falanghina e un eccellente Greco di Tufo. Gli antipasti sono costosi (10 euro) ma serviti in porzioni generose, e vale la pena farsi sedurre da qualche proposta interessante come – in stagione – l’insalata di carciofi freschi con limone, pesto di acciughe e mozzarella di bufala, davvero ben riuscita. Ruba l’occhio, e anche il gusto, il tomino delle Langhe con speck stagionato, servito su un letto di polenta; interessante anche la selezione di salumi, con salame mantovano, lardo di Arnad e mortadella al tartufo fra gli altri.
I primi sono meno entusiasmanti, ma meritano comunque un assaggio i delicati tortelli di zucca mantovani con salsa al vino e amaretti sbriciolati; in alternativa, strascinati lucani con cozze, cime di rapa e peperoncino, oppure risotto verde agli spinaci con bufala e pomodorini. Tra i secondi (16-20 euro) la specialità della casa è la tagliata di fassona, ma fa la sua figura anche la costoletta di vitello (taglio diverso, ma preparata come una cotoletta alla milanese) con burro chiarificato e patata tartufata. Il piatto più originale è però il filetto di baccalà al forno con purè di fave, coste e semi di papavero: il pesce non oscura gli altri sapori e l’equilibrio è perfetto. In lista anche la classica salsiccia con friarielli. Assai meno originali i dolci, tra i quali comunque spiccano la torta pere e cioccolato e il discreto tiramisù (in bicchiere). Bilancio complessivo: migliorabile, ma da tenere presente.
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10
Ristoranti
2014-02-05 12:29:19
Locuste
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Opinione inserita da Locuste 05 Febbraio, 2014
Ultimo aggiornamento: 05 Febbraio, 2014
#1 recensione -
Ultimo aggiornamento: 05 Febbraio, 2014
#1 recensione -
Recensione
Data di visita
Febbraio 01, 2014
Recensione
Chi avesse la pazienza di risalire lungo il corso dell’Arda e inerpicarsi sulle colline dell’omonima valle, ben oltre Fiorenzuola e Castell’Arquato, farà bene a predisporsi per qualche sorpresa: non soltanto in termini di strade quasi inesplorate e panorami mozzafiato, ma anche sul piano dell’atmosfera. La trattoria Harry’s denuncia infatti fin dal nome le sue curiose divagazioni rispetto al contesto rustico in cui è ubicata: il classico ristorante di paese si trasforma qui in un bizzarro locale con battenti da saloon, arazzi orientaleggianti e ritratti di bellezze “desnude” alle pareti. E naturalmente il bar, come i suoi più illustri omonimi, è specializzato in cocktail: tra tutti i grandi classici del genere spunta il misterioso Marinello Special, che costa solo 3 euro ma (fate attenzione) viene servito solo come aperitivo. Queste perle di eccentricità non inficiano comunque il giudizio sul locale: la cucina resta casereccia e senza fronzoli, incentrata sulle due materie prime di cui i boschi circostanti sono ricchi, cinghiale e funghi. Riscaldato – se va bene – da un’arcaica stufa a legna posta al centro della sala da pranzo, il locale è la cornice ideale per pranzi conviviali e spartani a prezzi contenuti.
Abbiamo visitato Harry’s in occasione di un pranzo rigorosamente a base di cinghiale proposto dalla mitica Confraternita dei Grass, ma fonti locali ci assicurano che il menu quotidiano è sostanzialmente lo stesso, e imperniato ovviamente sul suino selvatico che compare anche come “logo” nel biglietto da visita del ristorante. Per iniziare è dunque d’obbligo concedersi un misto di eccellenti salumi di cinghiale, tra cui la coppa e un pregevolissimo salame, accompagnati da ampie porzioni di funghi sott’olio. I primi sono altrettanto semplici e corposi: pappardelle al cinghiale (di ottima fattura anche la pasta) e tortelli di verdure al sugo, questi ultimi meno entusiasmanti. Attenzione alle porzioni che, in caso di grandi tavolate, possono rivelarsi un po’ striminzite; chiedere senza remore il bis, almeno finché ce n’è!
La cucina dà ovviamente il suo meglio nei secondi di carne, con il vero e proprio trionfo del cinghiale: il cosciotto, aromatizzato con erbe varie e servito con accompagnamento di funghi, è davvero straordinario nel suo perfetto equilibrio tra “aggressività” della carne e delicatezza del condimento. Più canoniche le costine di cinghiale con patate, così come il cinghiale in umido. Sempre abbondante la polenta in accompagnamento. Con i dolci riemerge invece la vena artistica del locale: una sorta di semifreddo-Charlotte mescola pan di spagna, pesche sciroppate, mirtilli e gelato al latte, mentre l’ottima crostata colpisce per il suo retrogusto amaro. Sul fronte vini, meglio non lasciarsi ingannare dalle collezioni di vetuste bottiglie alle pareti: il rosso frizzante della casa è amabile e nulla più, accettabile il Gutturnio in bottiglia mentre il bianco (?) è da lasciar perdere. In chiusura un discreto Bargnolino e altri liquori artigianali; il conto, onestissimo, varia tra i 25 e i 30 euro.
Abbiamo visitato Harry’s in occasione di un pranzo rigorosamente a base di cinghiale proposto dalla mitica Confraternita dei Grass, ma fonti locali ci assicurano che il menu quotidiano è sostanzialmente lo stesso, e imperniato ovviamente sul suino selvatico che compare anche come “logo” nel biglietto da visita del ristorante. Per iniziare è dunque d’obbligo concedersi un misto di eccellenti salumi di cinghiale, tra cui la coppa e un pregevolissimo salame, accompagnati da ampie porzioni di funghi sott’olio. I primi sono altrettanto semplici e corposi: pappardelle al cinghiale (di ottima fattura anche la pasta) e tortelli di verdure al sugo, questi ultimi meno entusiasmanti. Attenzione alle porzioni che, in caso di grandi tavolate, possono rivelarsi un po’ striminzite; chiedere senza remore il bis, almeno finché ce n’è!
La cucina dà ovviamente il suo meglio nei secondi di carne, con il vero e proprio trionfo del cinghiale: il cosciotto, aromatizzato con erbe varie e servito con accompagnamento di funghi, è davvero straordinario nel suo perfetto equilibrio tra “aggressività” della carne e delicatezza del condimento. Più canoniche le costine di cinghiale con patate, così come il cinghiale in umido. Sempre abbondante la polenta in accompagnamento. Con i dolci riemerge invece la vena artistica del locale: una sorta di semifreddo-Charlotte mescola pan di spagna, pesche sciroppate, mirtilli e gelato al latte, mentre l’ottima crostata colpisce per il suo retrogusto amaro. Sul fronte vini, meglio non lasciarsi ingannare dalle collezioni di vetuste bottiglie alle pareti: il rosso frizzante della casa è amabile e nulla più, accettabile il Gutturnio in bottiglia mentre il bianco (?) è da lasciar perdere. In chiusura un discreto Bargnolino e altri liquori artigianali; il conto, onestissimo, varia tra i 25 e i 30 euro.
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10
Ristoranti
2014-01-24 10:40:39
Locuste
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Opinione inserita da Locuste 24 Gennaio, 2014
#1 recensione -
#1 recensione -
Recensione
Data di visita
Gennaio 22, 2014
Recensione
Visitando la via Gluck di oggi si comprendono perfettamente le preoccupazioni espresse a suo tempo da Adriano Celentano nella sua celebre e autobiografica canzone: oltre a essere completamente cementificata, ora questa strada è immersa in una zona poco raccomandabile di Milano, tra centri massaggi, slot machine e altre attività più o meno legali. Se in via Gluck non c'è decisamente più l'erba, però, sembra essere miracolosamente comparso... il mare: nel giro di pochi metri spuntano ben tre ristoranti specializzati in cucina di pesce. Il più interessante è il Cuoco di Bordo, che con il look anonimo dell'esterno nasconde un ambiente addirittura sfarzoso: quadri e insegne a tema marittimo, pareti in legno come le paratie di una nave, finestre a forma di oblò e soprattutto roboanti piatti di frutti di mare, delizia per gli occhi prima ancora che per il palato. Frequentato da una clientela davvero cosmopolita, il ristorante è sempre affollato e può vantare un'offerta davvero inusuale da queste parti a livello di qualità e varietà, anche se i prezzi non sono certo bassi. Servizio rapido e senza fronzoli, adatto al contesto.
L'antipasto da queste parti non è un accessorio evitabile, ma forse il piatto più pregiato del menu: su uno scenografico vassoio viene infatti servita un'interminabile teoria di freschissimi molluschi e crostacei, crudi o cotti, che da sola può bastare a saziare i meno esigenti. Si può scegliere tra antipasto della casa (15 euro) con ostriche, insalata di mare, cozze e capesante gratinate e cozze in guazzetto, oppure misto crudo (25 euro) con ostriche, cozze, fasolare, cannolicchi, scamponi e gamberoni. In accompagnamento, bruschette con pomodoro e insalata di polpo e patate. La perfetta cura degli ingredienti e della preparazione merita un elogio; ne meritano di meno gli elevati ricarichi sui vini, tutti al di sopra dei 20 euro. Discreta comunque la selezione di rossi e bianchi di tutte le regioni, tra cui segnaliamo la Falanghina Mastroberardino e il "solito" Anthilia di Donnafugata.
Essenziale la carta dei primi: la scelta è tra spaghetti e linguine, ma presentati con qualsiasi tipo di condimento, dall'astice al granchio passando per vongole e gamberoni. Gli spaghetti alla scogliera (18 euro) sono un degnissimo compromesso. Meno appagante invece il tris di risotti alla marinara, al nero di seppia e alle vongole. Per quanto riguarda i secondi c'è solo l'imbarazzo della scelta: la grigliata mista (22 euro) è una porzione davvero imponente che comprende tra l'altro seppie, gamberoni, pesce spada, ma si può anche optare per branzino, orata, rombo, pescatrice o astice (dai 32 euro). Su prenotazione sono disponibili la zuppa di pesce e altri pesci meno consueti come dentice, San Pietro, gallinella o scorfano, il tutto preparato all'insegna della semplicità, ai ferri o in umido, per esaltare i sapori. Non indimenticabili i dessert: meneghina, millefoglie, tiramisu, torta pere e cioccolato e l'interessante sorbetto alla mela verde con Calvados.
L'antipasto da queste parti non è un accessorio evitabile, ma forse il piatto più pregiato del menu: su uno scenografico vassoio viene infatti servita un'interminabile teoria di freschissimi molluschi e crostacei, crudi o cotti, che da sola può bastare a saziare i meno esigenti. Si può scegliere tra antipasto della casa (15 euro) con ostriche, insalata di mare, cozze e capesante gratinate e cozze in guazzetto, oppure misto crudo (25 euro) con ostriche, cozze, fasolare, cannolicchi, scamponi e gamberoni. In accompagnamento, bruschette con pomodoro e insalata di polpo e patate. La perfetta cura degli ingredienti e della preparazione merita un elogio; ne meritano di meno gli elevati ricarichi sui vini, tutti al di sopra dei 20 euro. Discreta comunque la selezione di rossi e bianchi di tutte le regioni, tra cui segnaliamo la Falanghina Mastroberardino e il "solito" Anthilia di Donnafugata.
Essenziale la carta dei primi: la scelta è tra spaghetti e linguine, ma presentati con qualsiasi tipo di condimento, dall'astice al granchio passando per vongole e gamberoni. Gli spaghetti alla scogliera (18 euro) sono un degnissimo compromesso. Meno appagante invece il tris di risotti alla marinara, al nero di seppia e alle vongole. Per quanto riguarda i secondi c'è solo l'imbarazzo della scelta: la grigliata mista (22 euro) è una porzione davvero imponente che comprende tra l'altro seppie, gamberoni, pesce spada, ma si può anche optare per branzino, orata, rombo, pescatrice o astice (dai 32 euro). Su prenotazione sono disponibili la zuppa di pesce e altri pesci meno consueti come dentice, San Pietro, gallinella o scorfano, il tutto preparato all'insegna della semplicità, ai ferri o in umido, per esaltare i sapori. Non indimenticabili i dessert: meneghina, millefoglie, tiramisu, torta pere e cioccolato e l'interessante sorbetto alla mela verde con Calvados.
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Bar & Pub
2014-01-21 23:35:27
Locuste
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Opinione inserita da Locuste 21 Gennaio, 2014
#1 recensione -
#1 recensione -
Recensione
Data di visita
Gennaio 17, 2014
Recensione
Il locale di Gianluca Soresi è arredato con un'incredibile collezione di oggetti vintage, dai mangiadischi alle action figure di manga giapponesi, alcuni anche di un certo valore. Notevole l'assortimento di birre artigianali, tra cui quelle del Birrificio Italiano e del Birrificio del Ducato. L'aperitivo è però un po' misero.
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Ristoranti
2014-01-21 23:31:27
Locuste
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Opinione inserita da Locuste 21 Gennaio, 2014
Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 2014
#1 recensione -
Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 2014
#1 recensione -
Recensione
Data di visita
Gennaio 19, 2014
Recensione
Chi compone il numero del Bistrot Chez Nous sappia a cosa va incontro: non tanto una prenotazione, quanto un invito. Perché l’esperienza che lo attende ha più a che fare con una visita a casa di amici che con una cena al ristorante. Non solo per l’ubicazione in un piccolo appartamento su due piani nel minuscolo abitato di Battuda (meno di 600 abitanti), o per i goliardici cartelli alle pareti: c’è molto di più, a cominciare dalla proprietaria Roberta che si comporta da perfetta padrona di casa, commentando i piatti, intrattenendo gli ospiti con racconti e aneddoti e aspettando che tutti siano seduti per iniziare a servire in tavola. Non c’è una lista alla carta: il primo che prenota decide il menu per tutti, scegliendo tra i piatti già proposti o suggerendone di nuovi. Roberta e Rodolfo hanno cominciato con servizi di chef a domicilio (ancora operativi) e così, pian piano, hanno finanziato l’apertura del locale, avvenuta nel maggio 2013: si va naturalmente al risparmio, non a caso suppellettili e bicchieri sono dell’Ikea, e chi osasse chiedere i calici per il vino verrebbe fustigato. Ma una volta capita l’antifona tutto suona genuino e gradevole, soprattutto perché il rapporto qualità-prezzo è strabiliante: 20 euro per un pasto completo, bevande comprese! Non è un caso se, dall’inaugurazione a oggi, il locale ha chiuso i battenti soltanto per 4 giorni…
Quanto detto nell’introduzione non deve far pensare a una cucina sbrigativa o dozzinale, tutt’altro: i piatti sono sì di semplice preparazione, ma anche originali e talvolta esotici. Il menu, come accennato, è deciso dai clienti, salvo per le serate a tema il cui prezzo varia dai 25 ai 35 euro. Esempi: cena spagnola, al tartufo, marocchina o francese (il legame con la Francia si avverte anche in molti piatti oltre che nel nome del locale). Noi abbiamo provato un interessante menu a base di pesce, introdotto da un goloso pavé d’Affinois (formaggio a pasta molle) con crema di cassis. Altri antipasti, a piccole dosi ma decisamente appaganti: pesce spada con melograno, le richiestissime capesante fresche e un eccellente salmone al tè verde. Il quadro si chiude con l’assaggio più essenziale ma anche più appetitoso: delicati gamberi al pepe rosso di cui, potendo, si fa volentieri il bis. Il primo è forse il piatto meno convincente: gnocchi di ricotta con pesto e vongole, un po’ salati e non del tutto equilibrati nei sapori. Nulla da dire invece sui vini delle vicine Cantine Cavallotti di Bubbiano, senza pretese ma onesti: il Pinot Nero è un validissimo esempio, discreti anche Bonarda e Barbera.
Venendo ai secondi si scopre uno dei cavalli di battaglia del locale: la tagliata di tonno, severa nel suo purismo e nella totale assenza di condimenti. Così come per la carne, è d’obbligo gustarla semicruda: chiedere una variazione nella cottura equivale a un sacrilegio contro cui vige la tolleranza zero. Quasi a bilanciare l’eccessivo rigore, la tagliata è servita con uno sbarazzino involtino di verza ripieno di ratatouille e spolverato di zucchero di canna: per quanto possa sembrare strano, l’abbinamento funziona a meraviglia. Comunque una valida introduzione al dessert, una panna cotta vanigliata ai pistacchi ricoperta da crema di lamponi e miele, in gradevole contrasto tra acidità e dolcezza; e per chi non fosse sazio c’è anche un assaggio di crema chantilly direttamente dal cucchiaio dello chef. Al caffè servito in piccole caffettiere rosse seguono digestivi senza fronzoli come grappa e sambuca. Si esce tra saluti e baci dopo aver stretto inevitabilmente amicizia con tutti gli altri commensali: nulla di strano nel fatto che chi passa da queste parti, di solito, tenda a tornare.
(E infatti - aggiornamento doveroso - sono tornate anche le Locuste, questa volta per assaggiare il predetto menu al tartufo: molte le prelibatezze da segnalare,tra cui la doppia tartare di salsiccia e manzo, la senape fatta in casa, il tournedos con insalata di asparagi e mirtilli. A deludere, paradossalmente, è proprio il tartufo, che stenta a emergere in questo diluvio di sapori...)
Quanto detto nell’introduzione non deve far pensare a una cucina sbrigativa o dozzinale, tutt’altro: i piatti sono sì di semplice preparazione, ma anche originali e talvolta esotici. Il menu, come accennato, è deciso dai clienti, salvo per le serate a tema il cui prezzo varia dai 25 ai 35 euro. Esempi: cena spagnola, al tartufo, marocchina o francese (il legame con la Francia si avverte anche in molti piatti oltre che nel nome del locale). Noi abbiamo provato un interessante menu a base di pesce, introdotto da un goloso pavé d’Affinois (formaggio a pasta molle) con crema di cassis. Altri antipasti, a piccole dosi ma decisamente appaganti: pesce spada con melograno, le richiestissime capesante fresche e un eccellente salmone al tè verde. Il quadro si chiude con l’assaggio più essenziale ma anche più appetitoso: delicati gamberi al pepe rosso di cui, potendo, si fa volentieri il bis. Il primo è forse il piatto meno convincente: gnocchi di ricotta con pesto e vongole, un po’ salati e non del tutto equilibrati nei sapori. Nulla da dire invece sui vini delle vicine Cantine Cavallotti di Bubbiano, senza pretese ma onesti: il Pinot Nero è un validissimo esempio, discreti anche Bonarda e Barbera.
Venendo ai secondi si scopre uno dei cavalli di battaglia del locale: la tagliata di tonno, severa nel suo purismo e nella totale assenza di condimenti. Così come per la carne, è d’obbligo gustarla semicruda: chiedere una variazione nella cottura equivale a un sacrilegio contro cui vige la tolleranza zero. Quasi a bilanciare l’eccessivo rigore, la tagliata è servita con uno sbarazzino involtino di verza ripieno di ratatouille e spolverato di zucchero di canna: per quanto possa sembrare strano, l’abbinamento funziona a meraviglia. Comunque una valida introduzione al dessert, una panna cotta vanigliata ai pistacchi ricoperta da crema di lamponi e miele, in gradevole contrasto tra acidità e dolcezza; e per chi non fosse sazio c’è anche un assaggio di crema chantilly direttamente dal cucchiaio dello chef. Al caffè servito in piccole caffettiere rosse seguono digestivi senza fronzoli come grappa e sambuca. Si esce tra saluti e baci dopo aver stretto inevitabilmente amicizia con tutti gli altri commensali: nulla di strano nel fatto che chi passa da queste parti, di solito, tenda a tornare.
(E infatti - aggiornamento doveroso - sono tornate anche le Locuste, questa volta per assaggiare il predetto menu al tartufo: molte le prelibatezze da segnalare,tra cui la doppia tartare di salsiccia e manzo, la senape fatta in casa, il tournedos con insalata di asparagi e mirtilli. A deludere, paradossalmente, è proprio il tartufo, che stenta a emergere in questo diluvio di sapori...)
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30
Ristoranti
2014-01-10 00:30:18
Locuste
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Opinione inserita da Locuste 10 Gennaio, 2014
Ultimo aggiornamento: 10 Gennaio, 2014
#1 recensione -
Ultimo aggiornamento: 10 Gennaio, 2014
#1 recensione -
Recensione
Data di visita
Gennaio 08, 2014
Recensione
Nell’anno di grazia 2014, dopo oltre un decennio di assidua frequentazione di ristoranti italiani e stranieri, è davvero difficile immaginare che la propria scala di valori culinari possa essere improvvisamente sovvertita. Ma a volte la vita riserva delle sorprese in grado di mutare radicalmente le prospettive, in senso positivo o – come nel caso specifico – negativo. Il ristorante di cui ci occupiamo probabilmente non meriterebbe neppure tale definizione, e a maggior ragione l’onore di una recensione; tuttavia, il senso del dovere (insieme a quello del martirio) ci spinge a rendere pubbliche le nostre sofferenze affinché altri possano evitarle, nel caso in cui non dovessero bastare allo scopo le decine di recensioni negative già disseminate per la rete. A mettere in guardia nei confronti del locale potrebbero bastare in verità la location, l’aspetto esteriore poco invitante e persino l’incongruo nome “Il Faro” esibito sull’insegna anni Ottanta, che sul sito ufficiale si trasforma in un più accattivante “Osteria del Vecchio Faro”. Altri particolari minori – riscaldamento pressoché assente in pieno inverno, tovaglioli di carta, acqua servita in bottigliette di plastica da 50 cl, un televisore costantemente acceso e gracchiante – contribuiscono a creare l’atmosfera ideale per quello che resta, senza ombra di dubbio, un pasto memorabile.
Abbiamo visitato il ristorante grazie (si fa per dire) a un coupon sconto che prometteva un menu completo al costo di 11 euro a persona, comprensivo di 900 g di tagliata. Un’offerta quasi irreale, anzi, del tutto irreale: appena entrati nel locale – ma solo dopo essersi seduti – si viene a sapere che il piatto “forte” non pesa affatto 900 grammi e non contiene neppure tagliata, ma una non meno definita “carne tagliata sottile” (in pratica un modestissimo roastbeef, come si scoprirà). Il tutto viene attribuito a un errore di Groupon, cosa di cui immaginiamo la multinazionale dei coupon sarà ben lieta, anche perché la medesima scusante, a quanto ne sappiamo, viene utilizzata regolarmente da almeno un anno. Ma non soffermiamoci troppo su questo aspetto: il meglio deve ancora venire. In tavola, infatti, ben presto arrivano una flûte di indefinite bollicine e l’annunciato antipasto misto, terrificante già al primo sguardo: alcuni affettati (salame) sono commestibili, altri (mortadella e prosciutto crudo) visibilmente stantii e tagliati dozzinalmente, altri ancora talmente malconci da impedirne l’identificazione. Per non parlare di ciò che sta al centro del piatto: giardiniera, ricotta e insalata russa, così recita il menu. Conviene fidarsi sulla parola, anche perché le porzioni sono tanto irrisorie da impedire la verifica; e non è affatto detto che sia una sfortuna.
Terminato in qualche modo il primo round, ci si affida alla carne, che puntualmente conferma le peggiori previsioni: la cosiddetta “tagliata”, in misere quantità, non ha l’aria di essere di primo pelo, e forse la scelta migliore è ricoprirla di plasticoso radicchio e di grana per non avvertirne il sapore. Del resto l’alternativa, la salsa al pepe verde, è quantomeno poco appetitosa. Da premio Nobel per la cucina le patatine pre-fritte e successivamente saltate nel burro, che conferisce loro un colorito bronzeo e un significativo olezzo in grado di impregnare gli abiti per svariati giorni; degno del contesto anche il vino rosso frizzante, servito ghiacciato in una bottiglia già aperta e priva di etichetta. Con i dolci arriva un inaspettato sussulto di dignità: lo strudel è minuscolo ma quasi accettabile, tiramisù e torta al cioccolato appena meno disastrosi del resto. Alla fine, sul disappunto dovuto all’attentato gastronomico perpetrato prevale lo sconcerto per l’originale strategia di marketing adottata dal ristorante, che oltre ad alienarsi tutti i clienti arrivati tramite Groupon si sta precludendo ogni possibilità di attirare qualsiasi altro visitatore dotato di smartphone, o di senno. In compenso l’esperienza, almeno questo va concesso, è talmente surreale da strappare un sorriso.
Nota finale: non avendo potuto sperimentare i prezzi alla carta, ammesso che esista, non siamo in grado di offrire testimonianze dirette in merito. Ci fidiamo delle "promozioni" riportate sul sito, con menu completi a 20 euro; è vero che potremmo tornare in loco per un controllo, ma tutto sommato anche l’eroismo ha un limite.
Abbiamo visitato il ristorante grazie (si fa per dire) a un coupon sconto che prometteva un menu completo al costo di 11 euro a persona, comprensivo di 900 g di tagliata. Un’offerta quasi irreale, anzi, del tutto irreale: appena entrati nel locale – ma solo dopo essersi seduti – si viene a sapere che il piatto “forte” non pesa affatto 900 grammi e non contiene neppure tagliata, ma una non meno definita “carne tagliata sottile” (in pratica un modestissimo roastbeef, come si scoprirà). Il tutto viene attribuito a un errore di Groupon, cosa di cui immaginiamo la multinazionale dei coupon sarà ben lieta, anche perché la medesima scusante, a quanto ne sappiamo, viene utilizzata regolarmente da almeno un anno. Ma non soffermiamoci troppo su questo aspetto: il meglio deve ancora venire. In tavola, infatti, ben presto arrivano una flûte di indefinite bollicine e l’annunciato antipasto misto, terrificante già al primo sguardo: alcuni affettati (salame) sono commestibili, altri (mortadella e prosciutto crudo) visibilmente stantii e tagliati dozzinalmente, altri ancora talmente malconci da impedirne l’identificazione. Per non parlare di ciò che sta al centro del piatto: giardiniera, ricotta e insalata russa, così recita il menu. Conviene fidarsi sulla parola, anche perché le porzioni sono tanto irrisorie da impedire la verifica; e non è affatto detto che sia una sfortuna.
Terminato in qualche modo il primo round, ci si affida alla carne, che puntualmente conferma le peggiori previsioni: la cosiddetta “tagliata”, in misere quantità, non ha l’aria di essere di primo pelo, e forse la scelta migliore è ricoprirla di plasticoso radicchio e di grana per non avvertirne il sapore. Del resto l’alternativa, la salsa al pepe verde, è quantomeno poco appetitosa. Da premio Nobel per la cucina le patatine pre-fritte e successivamente saltate nel burro, che conferisce loro un colorito bronzeo e un significativo olezzo in grado di impregnare gli abiti per svariati giorni; degno del contesto anche il vino rosso frizzante, servito ghiacciato in una bottiglia già aperta e priva di etichetta. Con i dolci arriva un inaspettato sussulto di dignità: lo strudel è minuscolo ma quasi accettabile, tiramisù e torta al cioccolato appena meno disastrosi del resto. Alla fine, sul disappunto dovuto all’attentato gastronomico perpetrato prevale lo sconcerto per l’originale strategia di marketing adottata dal ristorante, che oltre ad alienarsi tutti i clienti arrivati tramite Groupon si sta precludendo ogni possibilità di attirare qualsiasi altro visitatore dotato di smartphone, o di senno. In compenso l’esperienza, almeno questo va concesso, è talmente surreale da strappare un sorriso.
Nota finale: non avendo potuto sperimentare i prezzi alla carta, ammesso che esista, non siamo in grado di offrire testimonianze dirette in merito. Ci fidiamo delle "promozioni" riportate sul sito, con menu completi a 20 euro; è vero che potremmo tornare in loco per un controllo, ma tutto sommato anche l’eroismo ha un limite.
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