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Istruzioni per l'USA

Gli Stati Uniti, si sa, sono un mondo a parte da ogni punto di vista. E la cucina non fa certo eccezione. Al di là di tutte le considerazioni - già formulate altrove - sul controverso rapporto tra gli americani e il cibo, una cosa è certa: non è possibile valutare e giudicare i ristoranti statunitensi sulla base degli stessi parametri utilizzati in Europa (e tantomeno in Italia). Per questo abbiamo pensato a una sintetica guida introduttiva che espliciti i criteri di cui ci siamo serviti nelle recensioni e consenta agli aspiranti viaggiatori di orientarsi nella giungla della ristorazione a stelle e strisce.
Le nostre considerazioni, naturalmente, sono basate sul viaggio negli Stati Uniti sud-occidentali (California, Nevada e Arizona) avvenuto in occasione del LocusTour 2010; crediamo però che molte di esse siano applicabili senza troppe distorsioni anche il resto del paese.

SCEGLIERE UN RISTORANTE - Gli americani hanno una vera e propria venerazione per il cibo, e per esso sarebbero disposti a dare la vita (e in effetti lo fanno, a ben vedere). L'offerta di locali dove consumare un pasto o un semplice spuntino è, quindi, praticamente sterminata; ma ciò non significa affatto che sia buona. Per riuscire a mangiare decentemente bisogna scartare a priori un buon 60% dei ristoranti disponibili, e valutare attentamente il restante 40%. Buona regola è leggere il menu che nella stragrande maggioranza dei casi è affisso al di fuori del locale.

LE CATENE - Nel vecchio continente le catene di ristorazione sono di norma sinonimo di pessima cucina, ma negli USA non è così. Ci sono catene per tutti i gusti e di ogni livello: quelle pessime come Mc Donald's e KFC, quelle di medio livello come Starbucks o Johnny Rockets e persino alcune di ottima qualità. È evidente che bisogna aspettarsi un servizio più standardizzato e una minore originalità nei piatti rispetto ai ristoranti "singoli", ma le differenze finiscono qui.

OFFERTE SPECIALI - L'innato spirito commerciale degli americani si esprime al suo meglio nel settore alimentare: praticamente qualsiasi locale mette a disposizione dei clienti una serie di offerte tipo "Prendi 3 paghi 2" o addirittura "All you can eat". Se ne può approfittare, ma senza esagerare: pensare di essere, in quanto italiani, più furbi del gestore non è una grande idea...

RAPPORTO QUALITÀ-PREZZO - A differenza di quanto avviene dalle nostre parti, di norma negli USA il rapporto qualità-prezzo dei ristoranti è abbastanza rigido: spendendo di più si è quasi certi di mangiare meglio. Certo, ci sono altri fattori che condizionano il conto finale, dall'atmosfera alla location, ma di norma il prezzo è piuttosto indicativo. Tralasciando i ristoranti di fascia più elevata, si può dire che spendendo tra i 40 e i 50 dollari (tutto compreso) ci si assicura un pasto di qualità medio-alta, tra i 25 e i 35 si può mangiare discretamente, mentre al di sotto di questa cifra si va a rischio e pericolo del cliente.

MANCE - Nel valutare la spesa, comunque, bisogna fare molta attenzione a mance e tasse: il "tip" finale non è una gentilezza ma un dovere, e spesso è già inserito nel conto (in molti ristoranti la mancia è obbligatoria per compagnie numerose). In California generalmente la percentuale per il servizio deve oscillare tra il 15% e il 20%, normalmente - se si lascia fare ai camerieri - è del 18%. Le tasse, poi, pesano per un altro 10% circa (a seconda dello Stato) sulla cifra da pagare.

ORARI - Negli USA si può mangiare praticamente a qualsiasi ora del giorno, ma - attenzione - non della notte: nella maggior parte dei locali la cucina chiude relativamente presto rispetto alle abitudini italiche. Al di fuori delle grandi città, dunque, molti ristoranti non servono la cena dopo le 21. In compenso è quasi sempre possibile fare colazione alle 12.30 o pranzare alle 16.

IL MENU - Il tipico pranzo (o cena) americano è costituito da un piatto unico che comprende tutti gli ingredienti base: carne (sotto forma di burger o di bistecca, per esempio), contorni robusti come patate o fagioli, salse, condimenti e verdura. Di norma, quindi, per un pasto completo può bastare un solo piatto, magari seguito da un dessert; persino le insalate sono spesso preparate in modo da sostituire un'altra pietanza e non da accompagnarla. La maggior parte dei ristoranti servono in realtà anche "appetizers", ma molti di essi sono soltanto versioni più ridotte dei piatti principali.
Fanno eccezione i ristoranti di pesce, in cui esiste un'effettiva divisione tra antipasti e portate.

PORZIONI - L'eccesso è il principio fondante dell'american way of life e dunque al ristorante ci si attendono, giustamente, porzioni esorbitanti. In effetti è così, ma la maggior parte dei locali tendono più che altro ad esagerare con condimenti e contorni (soprattutto le patatine fritte), mentre i piatti in sé non sono poi tanto enormi. Insomma, mangiare a sazietà è una certezza, ma il rischio di scoppiare di cibo non è contemplato.

BERE - Il pericolo dell'esplosione, semmai, viene dalle bevande: in quasi tutti i ristoranti le bibite gassate (ce ne sono almeno dieci varietà, dalla Coca Cola alla Mountain Dew e all'immancabile root beer) sono servite in dosi da tsunami e, soprattutto, possono essere riempite gratuitamente all'infinito. L'acqua in bottiglia, pur essendo ancora più costosa delle soda fountain, è diventata più abbordabile; molti locali portano in tavola anche un bicchiere di acqua del rubinetto per ogni commensale, anche se il sapore di cloro la rende quasi imbevibile.
Per quanto riguarda gli alcolici, la birra è onnipresente: meglio trascurare le insipienti Miller, Bud e Coors per provare le Ale ambrate locali, tutte molto simili tra loro ma non disprezzabili: Samuel Adams, Sierra Nevada, Fat Tire e Anchor Steam tra le migliori. I vini californiani sono quotati ma costosissimi, addirittura più di quelli di importazione: impossibile spendere meno di 25 dollari a bottiglia. Attenzione: il consumo di alcool all'aperto è vietato quasi ovunque (Las Vegas esclusa, naturalmente).

SERVIZIO - Sembrerà strano, ma nel paese del fast food il servizio è tutt'altro che veloce: malgrado la cortesia e la disponibilità del personale (a volte persino eccessiva), ci vuole comunque diverso tempo prima di ordinare e di veder arrivare i piatti in tavola. Mettetevi comodi.

CONSIDERAZIONI FINALI - I luoghi comuni sugli USA sono in buona parte veri, ma non sempre. Non è vero che in America non si possa mangiare bene: è indispensabile però un minimo di buon senso nel selezionare i ristoranti e, soprattutto, i piatti del menu. Consigli utili: evitare gli intrugli eccessivamente complicati, l'eccesso di salse e condimenti (nel caso, chiedere che vengano tolti), le contaminazioni tra dolce e salato. Lasciar perdere i supermercati, le catene più economiche e, ovviamente, i ristoranti italiani o pseudo-italiani, che sono numerosissimi. Infine, ma questa è una regola che vale ovunque, puntare sempre sulle specialità locali: possono servire a rendere più varia un'offerta gastronomica che, bisogna dirlo, è piuttosto monotona.
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LocusTour 2010

Le Locuste si spingono oltreoceano per un tour in California, Nevada e Arizona (23 agosto-5 settembre). Ecco alcune foto generiche, ma le più significative le troverete nelle recensioni dei singoli ristoranti:
Johnny Rockets
Barney's Beanery
Yankee Doodles
Santa Barbara Fishouse
Linn's Restaurant
Bubba Gump Shrimp Co.
Lou's Pier 47 - Restaurant and Blues Club
Frontera Fresco
Blakes on Telegraph
Big Oak Restaurant
Angel's Restaurant
Gilley's
Rod's Steak House
Collin's Pub
Brussels Bistro
The Greeter's Corner Restaurant
House of Big Fish


Prelibatezze da supermercato


Frutta transgenica al Pier 39


Nuove frontiere dell'insaccato


Foto di gruppo con Locuste

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Il Terroir corre sul vino

Ci sono momenti in cui il settore del vino sembra un mondo ideale, pieno di delizie, a misura d'uomo e in cui tutti si vogliono bene. Di solito quei momenti arrivano alla fine delle degustazioni, quando l'alcool pervade ormai irrimediabilmente i corpi e gli spiriti: a Terroir Vino, invece, succede all'inizio, ed è già un piccolo miracolo. Il motivo forse è che nel "giro" della manifestazione, ideata dai creatori del fortunatissimo magazine on line Tigulliovino.it, si conoscono davvero un po' tutti: e questo non è necessariamente un fattore positivo ma, finché non degenera in bieco corporativismo, porta con sé disponibilità verso i visitatori, atmosfera di convivialità, persino apertura mentale. Poi, certo, c'è il fatto che l'evento si svolge di lunedì, in orario e luogo (il suggestivo Porto Antico di Genova) non esattamente alla portata delle masse, e quindi può contare su una frequentazione ridotta e selezionata; così come selezionati, punto importantissimo, sono i vini presentati all'incontro, tutti valutati dai degustatori del sito prima di andare "in scena". Criteri arbitrari, si dirà, ma proprio per questo genuini: gli organizzatori non inseguono un'illusoria obiettività di giudizio, ma danno spazio e voce a un'interpretazione personale del vino. E alla fine, con i premi al miglior vino dell'evento e al migliore rapporto qualità-prezzo, ristabiliscono quel minimo di gerarchie che nelle manifestazioni vinicole non possono mai mancare. Ma un altro premio spiega forse meglio l'essenza dell'evento, ed è il riconoscimento "Una vita per il vino", attribuito "ad una persona che abbia dedicato gran parte della propria vita al vino e/o al vigneto, con particolare riferimento al lavoro investito per la salvaguardia di un Terroir".

Il nome della manifestazione non è, infatti, un vezzo né una concessione alla moda del momento, ma piuttosto la rivendicazione di un sincero legame con la terra e con la regione di provenienza: cosa che nell'enologia potrebbe apparire scontata ma non lo è affatto, come abbiamo avuto modo di constatare noi stessi più volte, per esempio nel corso dell'ultima edizione di Cantine Aperte. Attenzione, però: l'attaccamento alla tradizione non va confuso con la mentalità retrograda o il rifiuto della modernità. Terroir Vino, non a caso, è anche l'evento "2.0" per eccellenza: da questo gruppo di vignaioli e di appassionati sono nate le più fortunate iniziative on line degli ultimi mesi, tra le quali citiamo le ormai celebri Twittingcantine. Per chiamarle con il loro nome: operazioni di marketing, e non è certo una parolaccia quando si abbina alla qualità della produzione e all'amore per il proprio lavoro.
Siamo certamente andati oltre con i ragionamenti sui massimi sistemi enologici. Quello che resta, per "asciugare" un po' il discorso, è una manifestazione ben riuscita, né troppo ridotta né troppo dispersiva, le cui dimensioni consentono anche di vendere sul posto gran parte dei vini presentati alla rassegna, a prezzi assolutamente concorrenziali. Divertente anche l'iniziativa del Baratto Wine Day: ogni visitatore può depositare le bottiglie della propria cantina e scambiate con quelle portate "alla cieca" dagli altri...
Giusto per non essere troppo stucchevoli, muoviamo un paio di appunti in conclusione: in primis, il vino alla lunga mette un po' di appetito e i pur meritevoli spuntini serviti dagli steward sono decisamente insufficienti a calmarlo. Per la prossima edizione proponiamo un servizio di catering più corposo (anche a pagamento) per non costringere i visitatori a sfamarsi con assaggini di pesto e formaggio proposti dai pochi stand gastronomici. Infine, è inammissibile che una manifestazione così votata alle nuove tecnologie non metta a disposizione di operatori una connessione Internet libera o, perlomeno, una password per navigare: quale vero "nerd" del vino resisterebbe alla possibilità di postare in tempo reale le sue impressioni sull'ultimo Pigato degustato?
Chiudiamo, come sempre, con una carrellata di discutibilissimi giudizi sui vini provati a Genova.

Cave du Vin Blanc de Morgex et de la Salle - Morgex (AO): Inutile negarlo, il Chaude Lune rimane una punta di eccellenza insuperabile: peccato che non lo si trovi in giro... Ma nella produzione del consorzio c'è ben altro: dai vitigni più alti d'Europa arrivano i bianchi Rayon e La Piagne e lo spumante Extreme. E poi a sorpresa arriva una novità, il rosso Enfer: sembra che venga da due anni in barrique, invece è vendemmiato nel 2009...

Le Rocche del Gatto - Bastia d'Albenga (SV): "Il Vermentino è un grande solista, il Pigato un'orchestra": parole indimenticabili dal creatore di vini bianchi liguri che fanno dell'originalità un punto d'onore, tanto da finire talvolta fuori dai disciplinari. A Terroir Vino l'azienda era presente con tre verticali: costante l'evoluzione del Vermentino, spettacolare quella del Pigato che nell'annata 2004 diventa quasi un vino da meditazione. E poi c'è il soprendente Spigau, una selezione di uve Pigato che risale addirittura al 2000 senza perdere profumi e intensità.

Tenuta Sette Ponti - Castiglion Fibocchi (AR): Forse, ma togliamo pure il forse, i migliori rossi assaggiati a Genova. Almeno tre i prodotti da citare: il profumatissimo Oreno, frutto di un blend tra Merlot, Cabernet Sauvignon e Sangiovese; l'elegante e deciso Crognolo (Sangiovese+Merlot); ma soprattutto il fantastico Bolgheri della tenuta Orma, non a caso incastonata fra due gioielli come Ornellaia e Sassicaia.

Carbone - Melfi (PZ): Si parte con il Fiano Bianco della Basilicata, poi è un crescendo di Aglianico del Vulture: dalla versione base Terra dei Fuochi al ricchissimo 400 Some, fino al più robusto Stupor Mundi.

Cascina Tollu - Rocca Grimalda (AT): Negli ultimi mesi l'azienda di Tomaso Armento si è data freneticamente da fare per creare (con altri imprenditori del settore) il nuovo marchio Forti del Vento, e l'impresa si può dire perfettamente riuscita. Al rosso base AltoFhrà - che attenua con un blend l'acidità naturale del Dolcetto della zona - si affiancano due vini dotati di decisa personalità come il Dolcetto Ottotori e il Barbera Superiore Podej. Anche se il prodotto più originale resta sempre quello dell'azienda madre, il fantasioso Bianco di Tollu.

La Mesma - Gavi (AL): Gli investimenti milionari fatti da alcune cantine rivali non bastano a competere con questa piccola ma splendida realtà enologica, interamente gestita da tre sorelle. Quasi perfetti per freschezza e profumi sia il Gavi Etichetta Gialla, sia la Docg Etichetta Nera.

Cascina I Carpini - Pozzol Groppo (AL): Paolo Carlo Ghislandi continua con profitto l'eterna battaglia a sostegno dell'acidità dei suoi Barbera. A parte il bianco Colli Tortonesi Rugiada del Mattino, il resto è un continuo crescendo: dal Sette Zolle affinato in solo acciaio al Falò d'Ottobre (8 mesi in botti di rovere), fino al "bruciante" Bruma d'Autunno. Non per tutti i palati, ma crediamo che sia un complimento.

Bele Casel - Caerano San Marco (TV): Possiamo ormai aggiungere ben poco a quanto già detto sull'azienda di Luca Ferraro, tappa ormai fissa in ogni manifestazione vinicola. Rispetto a qualche mese fa il surlie Prosecco Colfondo è ulteriormente maturato, e i risultati ottenuti sul mercato lo confermano. Sempre eccellente, grazie alla sua dolcezza non invasiva, anche l'Extra Dry.

Terre Contese - Terra del Sole (FC): Azienda di freschissimi natali che ha già dato vita a due prodotti interessanti: originale il Dogana 21, Forlì IGT da un mix di Alicante, Syrah e Merlot, ma il più convincente è senza dubbio il Sangiovese Superiore in purezza, con un retrogusto amaro che colpisce. Aspettiamo al varco il Passito!

Le Barbaterre - Quattro Castella (RE): Solo vini da agricoltura biologica per questa azienda emiliana. Non mancano Lambrusco, Cabernet Sauvignon e Marzemino, ma a incuriosire di più sono il Brut millesimato L'Orlando e il Pinot Nero Rosé Angelica.

Poggio Argentiera - Grosseto (GR): Della produzione dell'azienda restano nella memoria soprattutto i due rossi di punta: il Morellino di Scansano Capatosta, spettacolare per potenza e acidità, e il raro Finisterre, un Maremma IGT affinato in barrique. Da non sottovalutare però i bianchi, tra cui spicca l'originale Ansonica Bucce, fermentato (appunto) sulle bucce per 5-6 giorni.

Fattoria Lavacchio - Pontassieve (FI): Difficile scegliere tra olio e vino della fattoria, entrambi ricercati e di qualità. I rossi sono naturalmente il fiore all'occhiello: ottimo il Chianti Rufina Cedro, soprattutto nella versione Riserva (da una vigna di oltre 40 anni), anche se l'IGT Fontegalli sbaraglia la concorrenza grazie anche ai suoi 18 mesi in barrique.

Tenuta Anfosso - Soldano (IM): Tre diverse varietà di Rossese di Dolceacqua da vigneti che godono di terreni ed esposizioni molto variabili. La versione base è già molto meritevole, il Superiore Poggio Pini più corposo, ma il migliore equilibrio tra robustezza e profumo è forse quello del Luvaira.

Cascina Sarìa - Neive (CN): Al confine con la provincia di Asti una cantina dalla produzione basata essenzialmente su Barbera e Nebbiolo. Ottimo per rapporto qualità-prezzo il Langhe Nebbiolo, decisamente più ricco e strutturato il Barbaresco.

Kobler - Magrè sulla Strada del Vino (BZ): Interessante azienda altoatesina che può contare su diversi piccoli appezzamenti di terreno e quindi su una produzione abbastanza diversificata. Lo Chardonnay Ogeaner è talmente richiesto che Armin Kobler ha già dovuto imbottigliare quello vendemmiato nel 2009; ottimo anche il Gewurztraminer Feld. Ancora da affinare invece il Pint Grigio (Grauer Burgunder). Completano la produzione il Merlot rosé Kotzner e il Merlot Riserva Klausner.

Rossi - Genova (GE): C'entra poco col vino ma è forse il pesto in vasetto migliore mai assaggiato (da noi). E i prezzi sono assolutamente concorrenziali.

Fattorie Fiandino - Villafalletto (CN): Anche qui niente vino ma tantissimi formaggi basati sull'originale metodo Kinara (caglio vegetale da fiori spontanei). Emergono la Toma del Frà, il formaggio alla birra Frumage Baladin e il Gran Kinara, una sorta di grana tutto piemontese.
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Foto da Cantine Aperte 2010

Come (quasi) ogni anno le Locuste hanno partecipato alla rassegna "Cantine Aperte" il 30 maggio 2010: ecco le foto dell'escursione in provincia di Alessandria, sulle colline del Gavi.
Vedi anche Ristorante Da Marietto


Vigneti a perdita d'occhio


La splendida tenuta La Marchesa


Strumenti vecchi e nuovi


Colline in fiore all'azienda agricola La Ghibellina


Carichi carichi di...


Addirittura un lago artificiale alla Cascina Perpetua


Il vino in culla
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Foto da Vinitaly 2010

Locuste presenti all'edizione 2010 della più importante fiera del vino internazionale (11 aprile 2010). Vedi anche il reportage Cronaca di un trionfo annunciato

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L'ingresso della fiera


Il padiglione dedicato alla Puglia


Cantine 2.0 con Tweet Your Wines


La cantina Santa Margherita è presa d'assalto


D'oh!


Lo stand di Slow Food


Degustazione guidata di spumanti e champagne


Lo stand "polisensoriale" di Asti DOCG


Un bicchierino?

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